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tassabilità della plusvalenza da vendita di immobile ricevuto in donazione

Rocco, non ho mai amato gli atteggiamenti paternalistici da giovane, si figuri ora che sono vecchio. Non sono affatto d'accordo con lei. Quella dell'AdE è una grassazione bella e buona, altro che mea culpa. E tutta la vicenda nella sua stolida avidità, oltre all'idiozia predatoria della norma sulla "plusvalenza" a scadenza, mi ha dato la nausea. Se non riesce a scandalizzarsi, mi scusi, dovrebbe fare lei un "mea culpa". Ci rifletta.
 
Gentile basilico51, sono ormai diversi anni che mi occupo di tematiche legate all'accertamento e al contenzioso tributario.
E' vero che ci sono delle questioni legate all'accertamento sulle quali in passato, ma anche oggi, gli uffici adottano delle linee di condotta a mio avviso discutibili, alimentando contenzioso inutile (vedi ad es. questione autonoma organizzazione ai fini IRAP, mancato riconoscimento dei crediti IVA in presenza di dichiarazioni omesse, solo per citare alcuni esempi), però nel Suo caso l'accertamento, se mi consente, è stato offerto all'Ade su un piatto d'argento, visto che si fonda su fatti, non su presunzioni, per cui all'Ade non è rimasto altro che legittimare l'accertamento sulla base della norma violata, vale a dire l'art. 67 c. 1 lett. b) del TUIR, e fondare la pretesa su tali fatti. Di fronte a tali fatti, cd. costitutivi della pretesa, il contribuente nel giudizio tributario avrebbe dovuto portare all'attenzione del giudice i cd. fatti modificativi o estintivi della pretesa, vale a dire avrebbe dovuto fornire prove che facessero venir meno quelli addotti dall'ufficio . La prova, infatti, è la dimostrazione di un fatto e il giudice baserà la propria decisione sulla base della valutazione delle prove fornite dalle parti. Pertanto parlare di avidità, di idiozia predatoria, di cannibalismo fiscale (aggiungo io) francamente nel caso specifico lo riterrei quasi fuori luogo perché l'ufficio è da escludere si sia accanito contro di Lei, ha semplicemente fatto il suo dovere, riscontrando la violazione di una norma presente nell'ordinamento e proceduto all'accertamento della plusvalenza non dichiarata. Le mie considerazioni ovviamente sono di carattere "tecnico", il fatto che poi la norma così com'è sia giusta o sbagliata, questo è un altro paio di maniche. Il mea culpa era riferito al fatto che una maggiore accortezza (come ad es. una consulenza da parte di un professionista) prima di porre in essere l'operazione avrebbe potuto evitare tali (spiacevoli) conseguenze. Scandalizzarsi? No, in questo caso riterrei di no.
Cordialmente La saluto.
 
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