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Rinuncia compensi amministratore. Vanno comunque dichiarati?

abertoli

Utente
Un socio amministratore, in considerazione delle difficoltà in cui versa la società, rinuncia (tacitamente, non c'è espressa dichiarazione né delibera della società) a percepire i compensi che gli spettano. L' AdE, però, sostiene che in base a una circolare del 1994 (!) quei compensi, anche se non percepiti, vanno dichiarati dal socio nella sua dichiarazione, dal momento che, nel caso di rinuncia da parte dell'amministratore, ci sarebbe comunque una presunzione giuridica di incasso. Hanno ragione ? Mi sembra una forzatura..

Grazie
 
anche a me appare una forzatura
i compensi agli amministratori nella contabilità delle società seguono il criterio di cassa e non quello di competenza.
pertanto per la società saranno deducibili solo al momento del pagamento e di conseguenza saranno tassabili, per l'amministratore, nello stesso periodo.
ciao
 
Le circolari sono soltanto degli atti amministrativi interni che, secondo il pensiero della Cassazione, non vincolano nemmeno gli uffici periferici nella loro applicazione, figuriamoci il contribuente.
Detto questo, è chiaro che bisogna rifarsi al dettato normativo. L'art. 1 del TUIR stabilisce quale presupposto dell'IRPEF il possesso dei redditi in denaro o in natura indicati all'art. 6. Pertanto l'Ade dovrebbe dimostrare il possesso del reddito da parte dell'Amministratore considerato che, come giustamente scritto da Giuseppe, il compenso all'amministratore è deducibile nel periodo di imposta nel quale viene erogato (art. 95 c. 5 del TUIR) e, simmetricamente, l'amministratore deve dichiararlo in tale periodo. Inoltre non sono affatto d'accordo sul fatto che esista una presunzione "giuridica" (?) di incasso del compenso qualora l'amministratore rinunci ad esso, considerato che la legge non prevede alcuna presunzione di tal tipo che da essa scaturisca, che io ricordi: invece l'Agenzia la presunzione dovrebbe costruirla attraverso un ragionamento che parta dalla dimostrazione di un fatto noto per risalire al fatto ignoto; si potrebbe ipotizzare tutt'al più, a mio avviso, una presunzione semplice, che però per reggere in giudizio dovrebbe essere rafforzata da ulteriori elementi che conferiscano alla stessa i caratteri della gravità, precisione e concordanza. In conclusione è l'Agenzia a dover dimostrare il fatto noto per risalire al fatto ignoto e non il contribuente. Sarà poi il giudice tributario a stabilire la validità della presunzione o meno. Solo dopo che il giudice avrà ammesso la presunzione (e solo allora) l'onere della prova si sposta in capo al contribuente.
La circolare lascia il tempo che trova...
Saluti.
 
Innanzitutto grazie per le dettagliate risposte! Ad aumentare la mia confusione (..) in rete ho trovato questo:
Il quesito del giorno: Rinuncia compenso Amministratore
"Domanda: Il consiglio di amministrazione di società a responsabilità limitata ha manifestato l'intenzione di rinunciare a parte del proprio compenso precedentemente deliberato dall'assemblea (e non ancora totalmente erogato) per sostenere le difficoltà della società. Quale procedura è più opportuno adottare?

Risposta: Nel caso prospettato è opportuno procedere ad una delibera assembleare di rideterminazione del compenso del Consiglio di Amministrazione. In caso contrario, infatti, come precisato dalla Circolare n. 73/E del 27.05.1994, la rinuncia a crediti correlati a redditi tassati per cassa presuppone l'avvenuto incasso giuridico con la conseguente necessità di versamento della ritenuta d'acconto e di dichiarazione del reddito in capo al percipiente (o presunto tale)."


E ancora:

LIBERI DI CONFRONTARSI a cura di Victor Di Maria: Rinuncia ai crediti da parte dei soci rilevante ai fini ACE di Victor Di Maria
Voglio ricordare, per tale fattispecie, la C.M. n. 73 del 27 maggio 1994 la quale ha previsto che la rinuncia ai crediti correlati a redditi che vanno acquisiti a tassazione per cassa (quali, ad esempio, i compensi agli amministratori e gli interessi relativi a finanziamenti soci, il trattamento di fine mandato) presuppongono “l’avvenuto incasso giuridico” del credito e quindi l’obbligo di sottoporre a tassazione il loro ammontare anche mediante l’applicazione della ritenuta d’imposta.

Il presupposto giuridico su cui si fonda la ragione dell’Agenzia delle Entrate è l’art. 88, comma 4, del TUIR che testualmente recita: “Non si considerano sopravvenienze attive […] la rinuncia dei soci ai crediti”. A fronte di tale beneficio per la società (che sottende a una finalizzazione della rinuncia al credito da parte del socio allo scopo di patrimonializzare la società), il socio vedrebbe accrescere il valore fiscalmente riconosciuto alla propria partecipazione ai sensi dell’art. 94, comma 6 del TUIR e del chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate con la propria circolare n. 52/2004.

La Cassazione, con la sentenza n. 20026/2010, richiamando implicitamente quanto asserito dal Ministero con la richiamata risoluzione, ha stabilito che la rinuncia a compensi maturati e non erogati comporta tassazione in capo al rinunciante. Ulteriore motivazione addotta è che si tratterebbe, in realtà, di utili di fatto non distribuiti.
La presunzione dell’incasso giuridico è stata, comunque, contrastata da altra parte della giurisprudenza (C.T.C., Sez. XIV del 22 aprile 1998 n. 2085; C.T.C., Sez. XIV del 10 novembre 1997 n. 5425).


Poi ho trovato questo (v. pag. 25)..
http://sv.dataconsultsrl.it/v78/newweb/manualistica/Cacciapaglia_Unico_2011.pdf

E anche questo (v. pag. 27)
http://www.adcrimini.it/public/pdf/Convegni/VALCARENGHI.pdf

Aggiungo, dulcis in fundo, che oltre alla mancanza di una espressa rinuncia da parte dell'amministratore, la società ha operato le ritenute nei suoi confronti e poi, tanto perché non mancasse nulla, lo ha anche inserito nel 770 (!!).

Insomma, un gran casino.. In compenso mi sto facendo una cultura sull'argomento, per ora senza però riuscire a venirne completamente a capo.. Grazie ancora per l'attenzione !! E se trovate qualcosa.. :sun:
 
Ultima modifica di un moderatore:
Innanzitutto grazie per le dettagliate risposte! Ad aumentare la mia confusione (..) in rete ho trovato questo:
Il quesito del giorno: Rinuncia compenso Amministratore
"Domanda: Il consiglio di amministrazione di società a responsabilità limitata ha manifestato l'intenzione di rinunciare a parte del proprio compenso precedentemente deliberato dall'assemblea (e non ancora totalmente erogato) per sostenere le difficoltà della società. Quale procedura è più opportuno adottare?

Risposta: Nel caso prospettato è opportuno procedere ad una delibera assembleare di rideterminazione del compenso del Consiglio di Amministrazione. In caso contrario, infatti, come precisato dalla Circolare n. 73/E del 27.05.1994, la rinuncia a crediti correlati a redditi tassati per cassa presuppone l'avvenuto incasso giuridico con la conseguente necessità di versamento della ritenuta d'acconto e di dichiarazione del reddito in capo al percipiente (o presunto tale)."


E ancora:

LIBERI DI CONFRONTARSI a cura di Victor Di Maria: Rinuncia ai crediti da parte dei soci rilevante ai fini ACE di Victor Di Maria
Voglio ricordare, per tale fattispecie, la C.M. n. 73 del 27 maggio 1994 la quale ha previsto che la rinuncia ai crediti correlati a redditi che vanno acquisiti a tassazione per cassa (quali, ad esempio, i compensi agli amministratori e gli interessi relativi a finanziamenti soci, il trattamento di fine mandato) presuppongono “l’avvenuto incasso giuridico” del credito e quindi l’obbligo di sottoporre a tassazione il loro ammontare anche mediante l’applicazione della ritenuta d’imposta.

Il presupposto giuridico su cui si fonda la ragione dell’Agenzia delle Entrate è l’art. 88, comma 4, del TUIR che testualmente recita: “Non si considerano sopravvenienze attive […] la rinuncia dei soci ai crediti”. A fronte di tale beneficio per la società (che sottende a una finalizzazione della rinuncia al credito da parte del socio allo scopo di patrimonializzare la società), il socio vedrebbe accrescere il valore fiscalmente riconosciuto alla propria partecipazione ai sensi dell’art. 94, comma 6 del TUIR e del chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate con la propria circolare n. 52/2004.

La Cassazione, con la sentenza n. 20026/2010, richiamando implicitamente quanto asserito dal Ministero con la richiamata risoluzione, ha stabilito che la rinuncia a compensi maturati e non erogati comporta tassazione in capo al rinunciante. Ulteriore motivazione addotta è che si tratterebbe, in realtà, di utili di fatto non distribuiti.
La presunzione dell’incasso giuridico è stata, comunque, contrastata da altra parte della giurisprudenza (C.T.C., Sez. XIV del 22 aprile 1998 n. 2085; C.T.C., Sez. XIV del 10 novembre 1997 n. 5425).


Poi ho trovato questo (v. pag. 25)..
http://sv.dataconsultsrl.it/v78/newweb/manualistica/Cacciapaglia_Unico_2011.pdf

E anche questo (v. pag. 27)
http://www.adcrimini.it/public/pdf/Convegni/VALCARENGHI.pdf

Aggiungo, dulcis in fundo, che oltre alla mancanza di una espressa rinuncia da parte dell'amministratore, la società ha operato le ritenute nei suoi confronti e poi, tanto perché non mancasse nulla, lo ha anche inserito nel 770 (!!).

Insomma, un gran casino.. In compenso mi sto facendo una cultura sull'argomento, per ora senza però riuscire a venirne completamente a capo.. Grazie ancora per l'attenzione !! E se trovate qualcosa.. :sun:


ciao mi trovo esattamente nella tua stessa situazione come hai risolto?
 
Innanzitutto grazie per le dettagliate risposte! Ad aumentare la mia confusione (..) in rete ho trovato questo:
Il quesito del giorno: Rinuncia compenso Amministratore
"Domanda: Il consiglio di amministrazione di società a responsabilità limitata ha manifestato l'intenzione di rinunciare a parte del proprio compenso precedentemente deliberato dall'assemblea (e non ancora totalmente erogato) per sostenere le difficoltà della società. Quale procedura è più opportuno adottare?

Risposta: Nel caso prospettato è opportuno procedere ad una delibera assembleare di rideterminazione del compenso del Consiglio di Amministrazione. In caso contrario, infatti, come precisato dalla Circolare n. 73/E del 27.05.1994, la rinuncia a crediti correlati a redditi tassati per cassa presuppone l'avvenuto incasso giuridico con la conseguente necessità di versamento della ritenuta d'acconto e di dichiarazione del reddito in capo al percipiente (o presunto tale)."


E ancora:

LIBERI DI CONFRONTARSI a cura di Victor Di Maria: Rinuncia ai crediti da parte dei soci rilevante ai fini ACE di Victor Di Maria
Voglio ricordare, per tale fattispecie, la C.M. n. 73 del 27 maggio 1994 la quale ha previsto che la rinuncia ai crediti correlati a redditi che vanno acquisiti a tassazione per cassa (quali, ad esempio, i compensi agli amministratori e gli interessi relativi a finanziamenti soci, il trattamento di fine mandato) presuppongono “l’avvenuto incasso giuridico” del credito e quindi l’obbligo di sottoporre a tassazione il loro ammontare anche mediante l’applicazione della ritenuta d’imposta.

Il presupposto giuridico su cui si fonda la ragione dell’Agenzia delle Entrate è l’art. 88, comma 4, del TUIR che testualmente recita: “Non si considerano sopravvenienze attive […] la rinuncia dei soci ai crediti”. A fronte di tale beneficio per la società (che sottende a una finalizzazione della rinuncia al credito da parte del socio allo scopo di patrimonializzare la società), il socio vedrebbe accrescere il valore fiscalmente riconosciuto alla propria partecipazione ai sensi dell’art. 94, comma 6 del TUIR e del chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate con la propria circolare n. 52/2004.

La Cassazione, con la sentenza n. 20026/2010, richiamando implicitamente quanto asserito dal Ministero con la richiamata risoluzione, ha stabilito che la rinuncia a compensi maturati e non erogati comporta tassazione in capo al rinunciante. Ulteriore motivazione addotta è che si tratterebbe, in realtà, di utili di fatto non distribuiti.
La presunzione dell’incasso giuridico è stata, comunque, contrastata da altra parte della giurisprudenza (C.T.C., Sez. XIV del 22 aprile 1998 n. 2085; C.T.C., Sez. XIV del 10 novembre 1997 n. 5425).


Poi ho trovato questo (v. pag. 25)..
http://sv.dataconsultsrl.it/v78/newweb/manualistica/Cacciapaglia_Unico_2011.pdf

E anche questo (v. pag. 27)
http://www.adcrimini.it/public/pdf/Convegni/VALCARENGHI.pdf

Aggiungo, dulcis in fundo, che oltre alla mancanza di una espressa rinuncia da parte dell'amministratore, la società ha operato le ritenute nei suoi confronti e poi, tanto perché non mancasse nulla, lo ha anche inserito nel 770 (!!).

Insomma, un gran casino.. In compenso mi sto facendo una cultura sull'argomento, per ora senza però riuscire a venirne completamente a capo.. Grazie ancora per l'attenzione !! E se trovate qualcosa.. :sun:

ciao mi trovo esattamente nella tua situazione come hai risolto?
 
per @abertoli
non credo vi sia confusione se si legge e si interpreta in modo corretto
infatti nella risposta al primo quesito vi è un presupposto che non credo debba sfuggire alla interpretazione letterale.
Si dice nella risposta che il compenso si presume incassato e quindi la presunzione in questo caso parte da un presupposto giuridico che è stato solo ipotizzato.
Tra l'altro come ha citato Rocco che saluto, la tassazione deve essere simmetrica, e parte da un presupposto previsto dal testo unico ossia l'effettiva erogazione.
ciao
 
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