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Regime forfettario spese collaboratori

varano80

Utente
Buongiorno,
ho un dubbio che non riesco a dirimere. Sono un libero professionista (ingegnere) in regime forfettario, ed ho effettuato un lavoro in collaborazione con un altro tecnico in regime ordinario, per una amministrazione pubblica. Nonostante avessi specificato di voler realizzare un associazione temporanea di ingegneri, l'amministrazione ha conferito l'incarico direttamente a me, come singolo professionista, che pertanto dovrà fatturare per intero l'importo della commessa, ivi inclusa la parte di competenza del tecnico collaboratore. Mettiamo per ipotesi che il compenso originale pattuito fosse di 1000 euro per le mie competenze e altrettanti 1000 euro per quelle del collaboratore (per un totale quindi di 2000 euro): io dovrò fatturare all'amministrazione pubblica 2000 euro senza IVA, mentre a questo punto il collaboratore dovrà emettere una fattura a me di 1000 euro + IVA (per cui 1220 euro). Per cui complessivamente è come se io avessi fatturato 780 euro anziché 1000 come previsto.
Le domanda allora è: le spese per il collaboratore, vanno a diminuire il monte ricavi che concorrono alla formazione dei 30000 euro posti come limite per il regime forfettario? Se cioè per esempio io avessi già fatturato durante l'anno 29000 euro e mi trovassi a dover incassare questa fattura di 2000 euro appena citata, il mio ricavo per l'anno 2017, ai fini della permanenza nel regime forfettario, sarebbe di 31000 euro, oppure di 29780 euro?
Ringrazio anticipatamente chiunque vorrà fornirmi una risposta.
 
Gent.le utente Varano80,
Il suo ricavo per l'anno 2017, risulterà come da esempio alla cifra di € 31.000,00 euro.
Saluti.
 
La ringrazio per la sua risposta, ed in effetti è quello che mi aspettavo (anche se da alcuni commercialisti ho ricevuto una risposta differente). Tuttavia la cosa che mi lascia perplesso è che dovrò emettere una fattura all'Amministrazione pubblica esente IVA, ivi inclusa la parte spettante del mio collaboratore, mentre il collaboratore emetterà una fattura a me comprensiva di IVA, che quindi andrà a scalare quello che sarà il mio compenso netto. E' chiaro che tutto ciò rientra nelle spese forfettarie calcolate al 22% dei ricavi, però in questa fattispecie mi sembra veramente una cattiveria. Per quanto riguarda la mia professione a questo punto converrebbe che ogni soggetto del raggruppamento emettesse fattura per conto suo al committente, oppure che solo quello dotato di regime ordinario emettesse fattura al committente e poi ricevesse la mia, da scaricare integralmente dalle imposte, come collaboratore. Ma non era più semplice mantenere il caro e buon vecchio regime dei minimi?
 
Buonasera @varano80

Il suo discorso non ha molto senso, iva la applica colui che emette il documento salvo che appartenga ad un regime dove non è soggetto ad iva, lei è in regime forfetario e dunque emette fattura senza iva, se il suo collaboratore è in regime ordinario deve indicare iva in fattura.

E' vero che in forfetario non deduce i costi sostenuti ma è anche vero che forfetariamente vengono dedotti con una % dunque in realta i costi vengono dedotti ugualmente.

Il regime dei minimi era molto limitato inoltre aveva il massimale incassabile di 30.000 euro mentre in regime forfetario per alcuni tipi di attivita è 50.000 euro si tratta di regimi diversi.

Saluti
 
Grazie @infofattura per la risposta. Tuttavia per me il discorso continua ad avere un senso. Ho già specificato anche io come tali spese ricadano nel forfettario stabilito dal regime (nel mio caso il 22% sui ricavi), per cui nulla di nuovo. Il problema nasce nel caso in cui vengono a crearsi tali rapporti di collaborazione.
Tornando all'esempio di prima, diciamo che l'offerta economica attraverso la quale ci si è aggiudicati l'appalto sia composta da 1000 euro per le mie competenze + 1000 euro per le competenze del mio collaboratore, per un totale netto di 2000 euro (oneri previdenziali ed imposte escluse). Non consideriamo per ora il CNPAIA al 4% per semplicità.
Nel caso venissero fatturati singolarmente all'amministrazione pubblica sarebbero complessivamente 1000 euro per me (regime forfettario) e 1000 euro + IVA = 1220 euro per il collaboratore (meno ritenuta d'acconto, ma non ci interessa per ora).
Siccome però l'onere della fattura spetta a me solamente, come soggetto incaricato del progetto (capogruppo), la fattura che andrò ad emettere dovrà includere sia il mio compenso che quello del collaboratore: tuttavia non posso applicare l'IVA in fattura essendo a regime forfettario, per cui emetterò fattura di 2000 euro.
A questo punto il collaboratore emetterà fattura a me, per un importo di 1000 euro + IVA, vale a dire 1220 euro. Il mio compenso effettivo sarà dunque ridotto a 780 euro. Senza contare, come dicevo prima, che questa cifra (che non è una spesa vera e propria, ma la parcella professionale di un ulteriore soggetto partecipante alla progettazione), va ad incrementare i miei ricavi, portandomi a sforare più velocemente il tetto dei ricavi di 30000 euro. Per questo dicevo che nel nostro caso sarebbe opportuno che ogni soggetto partecipante alla progettazione (architetto, ingegnere, geologo, etc.) emetta fattura per conto suo al committente, ognuno per le sue competenze, aggirando questo ostacolo.
Altro spunto di riflessione: ipotizziamo che allo stato attuale le spese da me sostenute per la professione (affitto, auto, carburante, assicurazioni professionali, etc.) ammontino già da loro a 6600 euro, raggiungendo perciò il valore forfettario del 22% sui 30000 euro del limite imposto dal regime. Poniamo ancora una volta il caso di cui sopra, per cui emetto fattura di 2000 all'amministrazione comunale, e poi il collaboratore emette fattura a me per 1000 euro + IVA. Questi 1220 euro sono fisicamente una spesa in più rispetto a quelle già sostenute per lo svolgimento della professione, e pari a 6600 euro. Quindi in questo caso vado a pagare effettivamente un 15% di imposta anche sui 1220 euro virtualmente incassati, ma nella realtà girati immediatamente al mio collaboratore. Il quale a sua volta girerà a fine anno allo stato l'IVA per 220 euro e le imposte irpef sui 1000 euro restanti.
Quindi ci troviamo nella situazione per cui lo stato ha incassato un IVA del 22% maggiorata dell'imposta pagata da me per un 15% (33 euro), vale a dire si è pagato le tasse su di una tassa. Di più, anche i 1000 euro saranno stati tassati per un 15% da me, più un ulteriore 23% di IRPEF (metto lo scaglione base per essere generoso) da parte del collaboratore.
Non mi sembra una cosa proprio lineare.
In definitiva, la nostra professione implica quotidianamente la necessita di effettuare un raggruppamento di professionisti per effettuare un progetto (architetto, ingegnere, geologo, geometra, etc.), e mi sembra oltre modo vincolante che un soggetto nel regime forfettario non possa fare da capo gruppo, o da referente unico per la committenza, in quanto altrimenti sarebbe penalizzato da un regime fiscale in alcuni punti contorto.
Anche perché finora si è ragionato in termini di 1000 euro, ma mettiamo il caso di una progettazione ordinaria di un fabbricato, con parcelle che superano i 20000 euro: in quei 20000 euro ci sono i calcoli strutturali (ingegnere), il progetto architettonico ed urbanistico (architetto), gli accatastamenti (geometra), gli impianti (perito o ingegnere), la sicurezza, le indagini geognostiche (geologo), e chi più ne ha più ne metta. Le conseguenze sarebbero ancora più pesanti.
 
Ultima modifica:
@varano80

Oppure si cerchi collaboratori che sono in regime dei minimi o forfetario cosi non applicheranno iva in fattura come da normativa e dunque avra minori costi da sostenere.

Il regime ordinario va valutato con molta attenzione dato che è molto piu costoso rispetto il regime forfetario e solo in particolari e rari casi puo convenire.

Saluti
 
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