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recupero Iva nel fallimento

agnese72

Utente
Carissimi,
ho un cliente che si è insinuato nel passivo di una procedura fallimentare per un credito di oltre 200.000 euro. Quando secondo voi può emettere la nota di variazione per il recupero dell'Iva ? deve aspettare la chiusura del fallimento o può già da adesso emettere nota di varizone????
Grazie a tutti per l'aiuto...
 
Riferimento: recupero Iva nel fallimento

il problema è stato affrontato dalla Ris. 89 del 18.03.02 che ha chiarito che nella procedura fallimentare il presupposto del mancato pagamento in tutto o in parte del corrispettivo si verifica alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto stabilito con decreto dal giudice delegato, ovvero, in assenza del piano di riparto, alla scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso.
Per quanto riguarda le variazioni in diminuzione dell'imponibile, la circolare ricorda che sono facoltative ma che possono essere effettuate senza
alcun limite temporale - come dispone il secondo comma del medesimo articolo
26 - nelle ipotesi di nullita', annullamento, revoca, risoluzione,
rescissione e simili nonche' di procedure concorsuali o procedure esecutive
rimaste infruttuose ovvero di abbuoni o sconti previsti contrattualmente.

Riporto anche il seguito della circolare che puo' essere utile per vedere i diversi risvolti:

"Quest'ultima disposizione, tuttavia, va coordinata con quella
concernente l'esercizio del diritto alla detrazione portata dal citato
articolo 19, secondo cui tale diritto puo' essere esercitato "al piu' tardi
con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il
diritto alla detrazione e' sorto ed alle condizioni esistenti al momento
della nascita del diritto medesimo".
Ne deriva quindi che le variazioni possono essere effettuate senza
limiti temporali, anche se il diritto alla detrazione dell'imposta puo'
essere esercitato al piu' tardi con la dichiarazione relativa al secondo
anno successivo a quello in cui si verifica il presupposto per operare la
variazione in diminuzione.
Per esercitare il diritto alla detrazione e' necessario quindi che il
cedente o prestatore provveda all'emissione di una nota di variazione e che
la stessa sia registrata nel registro degli acquisti di cui all'articolo 25
prima della liquidazione periodica o della dichiarazione annuale nella quale
e' esercitato il diritto alla detrazione. In tale modo l'imposta da
recuperare, considerata alla stregua dell'imposta corrisposta per gli
acquisti o importazioni di beni e servizi, confluisce nelle liquidazioni
periodiche, ed e' detratta dalla relativa imposta a debito del periodo.
Nel caso di fallimento del debitore la facolta' di eseguire la
variazione in diminuzione sorge da quando e' reso esecutivo il piano di
riparto dell'attivo ovvero dalla data di chiusura della procedura
fallimentare in assenza di un piano di riparto; cio' al fine di adeguare
l'imposta al corrispettivo effettivamente incassato. Da tale data il
contribuente, come si evince dal dettato normativo, "ha diritto di portare
in detrazione ai sensi dell'articolo 19 l'imposta corrispondente alla
variazione, registrandola a norma dell'art. 25". Ne consegue che le note di
variazione devono essere emesse entro lo stesso termine previsto
dall'articolo 19 per l'esercizio del diritto alla detrazione dell'imposta
sugli acquisti, con decorrenza dal momento in cui si verifica l'evento.
Peraltro a fronte del diritto alla detrazione sorge in capo al
fallito, ossia al curatore, l'obbligo di registrare la variazione in aumento
dell'imposta.
E infatti, ancorche' la rettifica in diminuzione costituisce, per il
cedente o prestatore, un diritto potestativo che egli puo' o meno
esercitare, tuttavia, quando tale diritto viene esercitato, fa sorgere per
il cessionario o committente l'obbligo di effettuare la corrispondente
rettifica in aumento (articolo 26, secondo comma, ultimo periodo).
Ai fini di certezza e trasparenza dei rapporti tra le parti e per
consentire all'Amministrazione l'eventuale recupero dell'indebito nei
confronti del contribuente fallito tornato in bonis, e', quindi, necessario
che tale facolta' sia esercitata entro limiti temporali certi."
 
Riferimento: recupero Iva nel fallimento

che succede, dunque secondo te, se dopo essermi insinuato emetto la N.c e porto il credito in D.IVA per chiedere o rimborso o compensazione? Se alla fine il fallimento distribuisce es il 10% io che faccio riemetto una fattura pari al 10% del credito e rendo i soldi al fisco? Posso sempre non accettare il riparto no???
Grazie
 
Riferimento: recupero Iva nel fallimento

il problema è stato affrontato dalla ris. 89 del 18.03.02 che ha chiarito che nella procedura fallimentare il presupposto del mancato pagamento in tutto o in parte del corrispettivo si verifica alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto stabilito con decreto dal giudice delegato, ovvero, in assenza del piano di riparto, alla scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso.
Per quanto riguarda le variazioni in diminuzione dell'imponibile, la circolare ricorda che sono facoltative ma che possono essere effettuate senza
alcun limite temporale - come dispone il secondo comma del medesimo articolo
26 - nelle ipotesi di nullita', annullamento, revoca, risoluzione,
rescissione e simili nonche' di procedure concorsuali o procedure esecutive
rimaste infruttuose ovvero di abbuoni o sconti previsti contrattualmente.

Riporto anche il seguito della circolare che puo' essere utile per vedere i diversi risvolti:

"quest'ultima disposizione, tuttavia, va coordinata con quella
concernente l'esercizio del diritto alla detrazione portata dal citato
articolo 19, secondo cui tale diritto puo' essere esercitato "al piu' tardi
con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il
diritto alla detrazione e' sorto ed alle condizioni esistenti al momento
della nascita del diritto medesimo".
Ne deriva quindi che le variazioni possono essere effettuate senza
limiti temporali, anche se il diritto alla detrazione dell'imposta puo'
essere esercitato al piu' tardi con la dichiarazione relativa al secondo
anno successivo a quello in cui si verifica il presupposto per operare la
variazione in diminuzione.
Per esercitare il diritto alla detrazione e' necessario quindi che il
cedente o prestatore provveda all'emissione di una nota di variazione e che
la stessa sia registrata nel registro degli acquisti di cui all'articolo 25
prima della liquidazione periodica o della dichiarazione annuale nella quale
e' esercitato il diritto alla detrazione. In tale modo l'imposta da
recuperare, considerata alla stregua dell'imposta corrisposta per gli
acquisti o importazioni di beni e servizi, confluisce nelle liquidazioni
periodiche, ed e' detratta dalla relativa imposta a debito del periodo.
Nel caso di fallimento del debitore la facolta' di eseguire la
variazione in diminuzione sorge da quando e' reso esecutivo il piano di
riparto dell'attivo ovvero dalla data di chiusura della procedura
fallimentare in assenza di un piano di riparto; cio' al fine di adeguare
l'imposta al corrispettivo effettivamente incassato. Da tale data il
contribuente, come si evince dal dettato normativo, "ha diritto di portare
in detrazione ai sensi dell'articolo 19 l'imposta corrispondente alla
variazione, registrandola a norma dell'art. 25". Ne consegue che le note di
variazione devono essere emesse entro lo stesso termine previsto
dall'articolo 19 per l'esercizio del diritto alla detrazione dell'imposta
sugli acquisti, con decorrenza dal momento in cui si verifica l'evento.
Peraltro a fronte del diritto alla detrazione sorge in capo al
fallito, ossia al curatore, l'obbligo di registrare la variazione in aumento
dell'imposta.
E infatti, ancorche' la rettifica in diminuzione costituisce, per il
cedente o prestatore, un diritto potestativo che egli puo' o meno
esercitare, tuttavia, quando tale diritto viene esercitato, fa sorgere per
il cessionario o committente l'obbligo di effettuare la corrispondente
rettifica in aumento (articolo 26, secondo comma, ultimo periodo).
Ai fini di certezza e trasparenza dei rapporti tra le parti e per
consentire all'amministrazione l'eventuale recupero dell'indebito nei
confronti del contribuente fallito tornato in bonis, e', quindi, necessario
che tale facolta' sia esercitata entro limiti temporali certi."

grazie ... Pensavo che dopo la circ 77/2000 qualcosa fosse cambiato in favore del crditore... Ma nada... Il punto e' farglielo capire al cliente che vuole assolutamente emettre n.c.
 
Riferimento: recupero Iva nel fallimento

che succede, dunque secondo te, se dopo essermi insinuato emetto la N.c ...

succede che il Curatore riceve la nota di credito e, seguendo l'interpretazione fornita dall'AdE, la rispedisce al mittente (il creditore insinuato) accompagnata da due righe con le quali spiega che non può essere accettata perchè la procedura è ancora in corso, ecc.

Allo stato attuale delle cose, se non cambia opinione l'AdE, non credo sia proprio possibile emettere nota di credito in corso di procedura :(
 
Riferimento: recupero Iva nel fallimento

succede che il Curatore riceve la nota di credito e, seguendo l'interpretazione fornita dall'AdE, la rispedisce al mittente (il creditore insinuato) accompagnata da due righe con le quali spiega che non può essere accettata perchè la procedura è ancora in corso, ecc.

Allo stato attuale delle cose, se non cambia opinione l'AdE, non credo sia proprio possibile emettere nota di credito in corso di procedura :(

Cao Kob, garazie della risposta, ma se non la rispedisce al mittente?
 
Riferimento: recupero Iva nel fallimento

Cao Kob, garazie della risposta, ma se non la rispedisce al mittente?

fai finta di niente e ... te la detrai ...

scherzi a parte, poi è la solita storia: se nessuno controlla ... se anche hai sbagliato non succede nulla; il punto è avere ben chiaro le possibili conseguenze di un certo comportamento in caso di controllo.
 
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