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Lavoro estero Iraq, no convenzione Italia-Iraq

mugeo77

Utente
Buongiorno,

vi faccio i complimenti per il sito ed anche per il libro che ho avuto modo di leggere. Nonostante li abbia trovati molto chiari e mi abbiano chiarito alcuni dubbi volevo da voi un parere sulla mia situazione personale sia per sapere meglio come comportarmi e sia per condividere la mia esperienza nel caso in cui possa essere utile ad altri lavoratori.

Mi chiamo Giancarlo, sono sposato senza figli. Mia moglie lavora come insegnante di ruolo in Italia, per cui ha un lavoro statale con contratto a tempo indeterminato. In Italia ho anche una casa coniugale cointenstata, comprata 10 anni fa, ed un conto corrente dove vorrei far accreditare il mio stipendio.
Io ho da poco firmato un contratto di lavoro con una azienda americana con base in Iraq, dove dovrò recarmi per fare dei lavori con turnazione 6on/3off; pertanto, supererò i 183 giorni all’estero.
Leggendo il suo libro, mi pare di capire che per avere la residenza fiscale all’estero devono essere soddisfatti 3 requisti: iscrizione all’AIRE, residenza per più di 183 giorni all’estero e centro d’interessi nello Stato estero in cui richiedi la residenza fiscale (presenza famiglia ad esempio). Nel mio caso sembrerebbe che l’ultimo punto verrebbe a mancare, dal momento che mia moglie rimarrebbe a vivere in Italia, mentre il conto corrente e la casa di proprietà non dovrebbero essere contestabili. Le chiedo pertanto:

1) Può essermi contestato il “centro d’interessi” se mia moglie rimane in Italia? O potrebbe essere considerato come attenuante il fatto che lei ha un contratto statale a tempo indeterminato e non potrebbe comunque seguirmi, anche se volesse?

2) Se nel caso mi venisse contestata la residenza fiscale in Iraq, non essendoci un accordo sulla doppia imposizione tra Italia e Iraq, come dovrei pagare le tasse in Italia? Mi spiego meglio: dovendo pagare già delle tasse in Iraq mi chiedo se comunque mi viene riconosciuto il credito d'imposta.

3) Se non faccio alcuna iscrizione all’AIRE, ma lavorerò ugualmente più di 183 giorni in Iraq quale sarà la mia tassazione in Italia? Mi verranno applicate delle agevolazioni fiscali ed quindi il credito d'imposta?

4) Nel caso in cui facessi l’iscrizione ma lavorassi meno di 183 giorni come dovrei comportarmi con il pagamento delle tasse?

5) Quali documenti bisogna consegnare per dimostrare i 183 giorni all’estero e quindi la residenza fiscale? È sufficiente il contratto di lavoro e il time sheet aziendale?

6) Ultima domanda: leggendo il libro ho visto che esiste una retribuzione convenzionale ma non mi è chiaro se io rientro in questa categoria. Voglio precisare che il contratto è internazionale, il reddito è prodotto solo all'estero e non ci sono contatti con l'Italia anche dal punto di vista previdenziale che continuo a pagare io tramite versamenti volontari.

Vi ringrazio e spero che questa discussione possa essere utile anche ad altri lavoratori che si trovano nelle mie stesse condizioni.

Saluti
Giancarlo
 
Buongiorno,

vi faccio i complimenti per il sito ed anche per il libro che ho avuto modo di leggere. Nonostante li abbia trovati molto chiari e mi abbiano chiarito alcuni dubbi volevo da voi un parere sulla mia situazione personale sia per sapere meglio come comportarmi e sia per condividere la mia esperienza nel caso in cui possa essere utile ad altri lavoratori.

Mi chiamo Giancarlo, sono sposato senza figli. Mia moglie lavora come insegnante di ruolo in Italia, per cui ha un lavoro statale con contratto a tempo indeterminato. In Italia ho anche una casa coniugale cointenstata, comprata 10 anni fa, ed un conto corrente dove vorrei far accreditare il mio stipendio.
Io ho da poco firmato un contratto di lavoro con una azienda americana con base in Iraq, dove dovrò recarmi per fare dei lavori con turnazione 6on/3off; pertanto, supererò i 183 giorni all’estero.
Leggendo il suo libro, mi pare di capire che per avere la residenza fiscale all’estero devono essere soddisfatti 3 requisti: iscrizione all’AIRE, residenza per più di 183 giorni all’estero e centro d’interessi nello Stato estero in cui richiedi la residenza fiscale (presenza famiglia ad esempio). Nel mio caso sembrerebbe che l’ultimo punto verrebbe a mancare, dal momento che mia moglie rimarrebbe a vivere in Italia, mentre il conto corrente e la casa di proprietà non dovrebbero essere contestabili. Le chiedo pertanto:

1) Può essermi contestato il “centro d’interessi” se mia moglie rimane in Italia? O potrebbe essere considerato come attenuante il fatto che lei ha un contratto statale a tempo indeterminato e non potrebbe comunque seguirmi, anche se volesse?

2) Se nel caso mi venisse contestata la residenza fiscale in Iraq, non essendoci un accordo sulla doppia imposizione tra Italia e Iraq, come dovrei pagare le tasse in Italia? Mi spiego meglio: dovendo pagare già delle tasse in Iraq mi chiedo se comunque mi viene riconosciuto il credito d'imposta.

3) Se non faccio alcuna iscrizione all’AIRE, ma lavorerò ugualmente più di 183 giorni in Iraq quale sarà la mia tassazione in Italia? Mi verranno applicate delle agevolazioni fiscali ed quindi il credito d'imposta?

4) Nel caso in cui facessi l’iscrizione ma lavorassi meno di 183 giorni come dovrei comportarmi con il pagamento delle tasse?

5) Quali documenti bisogna consegnare per dimostrare i 183 giorni all’estero e quindi la residenza fiscale? È sufficiente il contratto di lavoro e il time sheet aziendale?

6) Ultima domanda: leggendo il libro ho visto che esiste una retribuzione convenzionale ma non mi è chiaro se io rientro in questa categoria. Voglio precisare che il contratto è internazionale, il reddito è prodotto solo all'estero e non ci sono contatti con l'Italia anche dal punto di vista previdenziale che continuo a pagare io tramite versamenti volontari.

Vi ringrazio e spero che questa discussione possa essere utile anche ad altri lavoratori che si trovano nelle mie stesse condizioni.

Saluti
Giancarlo

Egregio signore,

la ringrazio molto per i complimenti.

Le rispondo seguendo la sua numerazione di riferimento:
1. Se sua moglie rimane in Italia, anche se è dipendente statale, ritengo la sua residenza fiscale debba continuare a rimanere in Italia.
2. Avrà comunque diritto ad un credito d'imposta determinato in base all'articolo 23 e 165 del Tuir.
3. Se rimane iscritto all'anagrafe del suo comune per per la maggior parte del periodo d'imposta si considera residente fiscale in Italia.
4. Idem come al punto 3, è residente in Italia in regime di tassazione concorrente.
5. Tutte le documentazioni previste all'estero (che non conosco) che comprovino il pagamento delle tasse in loco e del reddito imponibile.
6. Per tutti i motivi che ho scritto nel testo, io credo non si possono applicare le retribuzioni convenzionali qui in Italia (comma 8 bis art. 51 del Tuir), per cui vigono quelle reali.
Con i migliori saluti.
Luigi Rodella
 
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