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Dove inserire Redditi non soggetti a ritenuta, casuale A, codice 24?

Comunque ho letto che con la partita iva forfettaria le sanzioni per mancata o emissione tardiva di fatturazione (cartacea nel mio caso) va da un minimo di 250€ fino a 2000€, quindi nel mio caso di compenso percepito circa 600€ dovrei pagare 250€. Se aprissi la partita iva adesso per fare questa fattura (considerando che tra poco dovrò riprendere a svolgere la stessa attività, quindi la partita iva comunque mi serve), posso farla considerando che il bonifico sul conto corrente mi è arrivato 6 mesi fa cioè a novembre 2022? Quindi così facendo risulterebbe nella dichiarazione dei redditi dell'anno prossimo, cioè del 2024 relativa al 2023. In ogni caso la sanzione di 250€ la devo pagare io adesso in autonomia o mi arriverà quando tra circa due anni farano il controllo della dichiarazione dei redditi? E' corretta la sanzione di 250€? Grazie.
 
"Si ritiene, pertanto, che il compenso percepito dall'Istante nel 2019 quando ormai, avendo chiuso la partiva IVA, non svolgeva più la sua attività professionale in maniera abituale, debba essere dichiarato come reddito diverso, ai sensi del comma 1, lettera l), dell'articolo 67 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, indicandolo nel quadro RL, rigo RL15, del modello Redditi Persone fisiche 2020."
 

Allegati

  • Risposta_all_interpello_n._299_del_2020.pdf
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"La circostanza che il contribuente, al momento dell’incasso del compenso, non abbia partita IVA fa sì che, nel caso in esame, non sia possibile riscontrare il requisito soggettivo dell’abitualità che è alla base delle attività di lavoro autonomo.

Si ritiene, pertanto, che il compenso percepito dall’istante nel 2019, quando ormai, avendo chiuso la partiva IVA, non svolgeva più la sua attività professionale in maniera abituale, debba essere dichiarato come reddito diverso, ai sensi del comma 1, lettera l), dell’articolo 67 del TUIR, indicandolo nel quadro RL, rigo RL15, del modello Redditi Persone fisiche 2021".

 
"I contribuenti che accedono ai regimi agevolati (ex minimi e forfettari) possono far concorrere alla determinazione del reddito i ricavi ancora da incassare al momento della chiusura della partita Iva, imputando all'ultimo anno di attività le operazioni che non hanno avuto ancora manifestazione finanziaria e tassando i compensi tra i redditi diversi. È il chiarimento dell'Agenzia delle Entrate contenuto nell’interpello n. 299 con il quale un contribuente faceva presente che non risultava possibile inserire un importo riscosso dopo la chiusura della propria partita IVA nel quadro LM del Modello Redditi Persone fisiche 2020. ... Di conseguenza, la circostanza che il contribuente, al momento dell'incasso del compenso, non abbia partita IVA fa sì che, nel caso in esame, non sia possibile riscontrare il requisito soggettivo dell'abitualità che è alla base delle attività di lavoro autonomo. Per tale ragione - conclude l'Agenzia - il compenso percepito deve essere dichiarato come reddito diverso, ai sensi del comma 1, lettera l), dell'articolo 67 del TUIR":

 
4.3.5. Cessazione dell'attività

E' noto che il trattamento fiscale da riservare ai ricavi e ai compensi fatturati e non ancora riscossi, così come ai costi e agli oneri che non hanno ancora ricevuto il proprio regolamento finanziario, rappresenta una delle problematiche che si verificano all'uscita dell'attività economica.

Come già precisato con riferimento al regime fiscale di vantaggio nella circolare n. 17 del 2012, laddove l'attività cessi quando ancora esistono ricavi e compensi fatturati e non ancora riscossi, ovvero costi ed oneri per i quali manca ancora la manifestazione numeraria, l'attività non si può "considerare cessata fino all'esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all'interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, e, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell'attività professionale". Ciò in analogia a quanto già in precedenza chiarito con circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007 in merito alla cessazione dell'attività professionale. Il regime forfetario, infatti, determina il reddito, al pari di quello professionale, secondo il criterio di cassa, a prescindere dal tipo di attività esercitata (professionale o di impresa).

Ne consegue che, in caso di cessazione dell'attività, il contribuente che applica il regime forfetario dovrà adempiere agli obblighi dichiarativi prescritti, compilando il quadro LM del modello UNICO fino all'ultima operazione concernente la riscossione dei crediti; fino a tale data non potrà, pertanto, chiedere la cessazione della partita IVA. La cessazione della partita Iva non potrà, inoltre, essere chiesta fino a quando non siano state ricevute tutte le fatture relative alle operazioni passive effettuate, tenuto conto dell' obbligo di regolarizzare delle fatture omesse ovvero emesse in forma irregolare, imposto al cessionario o committente dall'art. 6, comma 8, del D.lgs. n. 471 del 1997.

In alternativa, tenendo conto delle dimensioni dell'impresa e, in particolare, dall'esiguità delle operazioni economiche che ne caratterizzano l'attività, in un'ottica di semplificazione, si ritiene applicabile al regime forfetario la soluzione, prevista in via interpretativa per il regime fiscale di vantaggio, secondo cui, il contribuente ha la facoltà di chiudere le proprie pendenze fiscali, imputando all'ultimo anno anche delle operazioni che non hanno avuto ancora manifestazione finanziaria. (cfr. circolare n. 17/E del 2012).
 
4.3.5. Cessazione dell'attività

E' noto che il trattamento fiscale da riservare ai ricavi e ai compensi fatturati e non ancora riscossi, così come ai costi e agli oneri che non hanno ancora ricevuto il proprio regolamento finanziario, rappresenta una delle problematiche che si verificano all'uscita dell'attività economica.

Come già precisato con riferimento al regime fiscale di vantaggio nella circolare n. 17 del 2012, laddove l'attività cessi quando ancora esistono ricavi e compensi fatturati e non ancora riscossi, ovvero costi ed oneri per i quali manca ancora la manifestazione numeraria, l'attività non si può "considerare cessata fino all'esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all'interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, e, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell'attività professionale". Ciò in analogia a quanto già in precedenza chiarito con circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007 in merito alla cessazione dell'attività professionale. Il regime forfetario, infatti, determina il reddito, al pari di quello professionale, secondo il criterio di cassa, a prescindere dal tipo di attività esercitata (professionale o di impresa).

Ne consegue che, in caso di cessazione dell'attività, il contribuente che applica il regime forfetario dovrà adempiere agli obblighi dichiarativi prescritti, compilando il quadro LM del modello UNICO fino all'ultima operazione concernente la riscossione dei crediti; fino a tale data non potrà, pertanto, chiedere la cessazione della partita IVA. La cessazione della partita Iva non potrà, inoltre, essere chiesta fino a quando non siano state ricevute tutte le fatture relative alle operazioni passive effettuate, tenuto conto dell' obbligo di regolarizzare delle fatture omesse ovvero emesse in forma irregolare, imposto al cessionario o committente dall'art. 6, comma 8, del D.lgs. n. 471 del 1997.

In alternativa, tenendo conto delle dimensioni dell'impresa e, in particolare, dall'esiguità delle operazioni economiche che ne caratterizzano l'attività, in un'ottica di semplificazione, si ritiene applicabile al regime forfetario la soluzione, prevista in via interpretativa per il regime fiscale di vantaggio, secondo cui, il contribuente ha la facoltà di chiudere le proprie pendenze fiscali, imputando all'ultimo anno anche delle operazioni che non hanno avuto ancora manifestazione finanziaria. (cfr. circolare n. 17/E del 2012).


Stai rispondendo con un documento del 2016 ad un'istanza di interpello, dell'agenzia delle entrate, successiva al 2019, la quale dice esattamente il contrario, a quanto pare va tenuto conto dell'ordine cronologico dell'emissione dei documenti.
 
Be se guardiamo le date degli interpelli quello del 2022 è più recente di quello del 2020...e comunque se leggi bene questa è una circolare non un interpello..
 
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