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commercialista o consulente ?!

Domanda.

Salve,
sono un Dottore Commercialista/Revisore Contabile inquadrato con il codice 7412A ai fini IVA.
E' possibile che un Dottore Commercialista collabori con una società di servizi? I compensi percepiti da tale società di servizi come vanno esposti in fattura? Ci sono ripercussioni sugli studi di settore per tali compensi ? E' possibile mai che se un Dottore Commercialista ha pochi clienti e per campare deve collaborare con una società di servizi non possa svolgere tale tipo di collaborazione in quanto non contemplato dal codice 7412A?
Grazie.
Saluti.
 
tanto per completezza..

"ppare da evidenziare, a riguardo, come in giurisprudenza, la piena legittimità dell’esercizio di tale professione non è ancora del tutto acclarata. L’esercizio della professione identificata con il codice 74.12.C: «Servizi forniti da revisori contabili, periti, consulenti ed altri soggetti che svolgono attività in materia di amministrazione, contabilità e tributi», potrebbe andare a costituire esercizio di una professione abusiva, ossia quella esercitata dai dottori e ragionieri commercialisti con iscrizione al relativo albo. Difatti, raramente il confine tra attività lecite e illecite è risultato più labile ed evanescente di quanto lo stesso non risulti nelle attività inerenti alla consulenza e alla pratica in campo contabile e fiscale. L’oggetto del contendere scaturisce, nella fattispecie, dai decreti presidenziali che stabiliscono l’oggetto della professione per i dottori commercialisti e per i ragionieri e periti commerciali. In particolare, nell’art. 1 del dpr 27 ottobre 1953, n. 1067, riguardo all’oggetto della professione di dottore commercialista, si dispone: ai dottori commercialisti è riconosciuta competenza tecnica nelle materie commerciali, economiche, tributarie e di ragioneria. Analogamente l’art. 1 del dpr 1068/53 dispone «a coloro che sono iscritti nell’albo dei ragionieri e periti commerciali è riconosciuta competenza tecnica in materia di ragioneria, di tecnica commerciale e di economia aziendale, nonché in materia di amministrazione e tributi». In generale, nel corso degli anni 90 e nei primi anni del 2000 la VI sezione penale della Cassazione ha assunto un atteggiamento sostanzialmente «liberista» nei confronti dell’esercizio di professione in materia tributaria, attraverso una serie di sentenze finalizzate a non ravvisare l’esercizio abusivo della professione ai sensi dell’art.348 c.p. nei confronti di chi si dedicasse alla tenuta delle scritture contabili, redazioni di bilanci, compilazione e presentazione di denunce di redditi e Iva. In tale senso, si vedano le sentenze della Cassazione sezione VI Penale del 2 aprile 2001 n. 13124, del 27 gennaio 2000 n. 904 e del 23 aprile 1996 n. 4276. Più recentemente, alla luce di una recente sentenza, la numero 49 dell’8 gennaio 2003 della VI Sezione della Cassazione penale, andando verso la direzione opposta rispetto alle precedenti sentenze, ha fornito un’interpretazione maggiormente «estensiva» rispetto al passato dell’art. 348 cp, il quale, si ricorda, punisce chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello stato. Sulla base di tale sentenza si può affermare che il compimento anche di un solo atto «riservato», persino se a titolo gratuito, costituisce esercizio abusivo della professione, mentre se si tratta di atti caratteristici, ma «relativamente liberi», esercita la professione abusivamente, solo chi abitualmente li compie, facendosi retribuire per il solo compimento. Su un orientamento di tipo «restrittivo» si pone ormai da qualche anno la VI sezione del Consiglio di stato (dec. n. 353 e 358, rispettivamente del 14 e del 17 maggio 1993) e più recentemente con la sentenza n. 3789/2000, secondo cui, fra l’altro, le funzioni di ausilio e consulenza del contribuente di carattere tributario «. non possono che essere affidate a esperti, quali sono i soggetti che superano esami di stato e si iscrivono a collegi di alta professionalità, gestiti da strutture di autogoverno e di sorveglianza sulla dignità, correttezza e professionalità degli appartenenti». "

salve a tutti,

sinceramente non pensavo che il lavoro di consulente commerciale si avvicinasse tanto a quello di agente di commercio ne avevo pensato mai alla possibilità di inquadrarmi legalmente in un modo o nell'altro.
Nel mio immaginario l'agente di commercio è colui che vende: che va dal cliente, che spiega il prodotto che cerca di venderlo. Diciamo che fa parte della rete vendita di un'azienda.
Il consulente commerciale è invece un professionista che da appunto consulenze a un azienda riguardo come gestire un rete vendita, il rapporto con gli agenti, consulenze per l'avviamento commerciale ecc.
Insomma per me il consulente commerciale aiuta l'azienda a gestire gli agenti commerciali.

Mi sbaglio? O forse le funzioni commerciali che svolgono sono diverse mentre l'inquadramento legale (tipo P.IVA) è lo stesso?

Grazie a tutti

Grazie a tutti in anticipo
 
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