Per rispondere al quesito di cui sopra occorre tenere conto sia della normativa fiscale sugli enti di tipo associativo sia della legge-quadro sul turismo.
Una particolare disciplina viene prevista all'interno della categoria degli enti di tipo associativo di cui all'art. 111, comma 3, D.P.R. n. 917/1986, per le associazioni aventi finalità sociali (associazioni politiche, sindacali, e di categoria, religiose, assistenziali, culturali e sportive). Per tali enti, infatti, vi è una presunzione di non commercialità anche per le prestazioni rivolte ai soci effettuate dietro pagamento di un corrispettivo specifico (al di fuori, cioè, della quota associativa).
Tuttavia, il comma 4 dell'art. 111, D.P.R. n. 917/1986 prevede che sono in ogni caso considerate commerciali, da chiunque esercitate (e, quindi, anche da parte di associazioni culturali) alcune attività, tra le quali "l'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici".
Oltre al problema fiscale a cui si è già accennato, occorre anche affrontare il problema (peraltro già ora attuale sotto qualsiasi forma giuridica si voglia gestire l'attività di organizzazione di viaggi) delle autorizzazioni necessarie per lo svolgimento di tale attività. Senza entrare approfonditamente nel merito di questa complessa problematica, occorre dire che la legge-quadro sul turismo (legge n. 217/1983) prevede un trattamento di favore per le Associazioni senza scopo di lucro di cui all'art. 10 della legge n. 217/1983 per l'esercizio di attività turistiche e ricettive.
I limiti e le condizioni per ottenere (ed usufruire) l'applicazione del regime agevolato corrispondente alle attività turistico-sociali sono tre:
a) che le associazioni operino a livello nazionale e, quindi, che abbiano sede nella maggior parte del territorio italiano e, soprattutto, che coinvolgano flussi di soci da e per tutto il territorio;
b) che le associazioni (e le attività comunque svolte) abbiano finalità ricreative, culturali, religiose o sociali, e, quindi, non si limitino alla pura e semplice organizzazione di servizi turistici a prezzi contenuti;
c) che tutte le attività turistiche e ricettive svolte dalle associazioni, siano destinate ed utilizzate esclusivamente dai soci delle stesse.
Bisogna, inoltre, aggiungere un altro elemento di valutazione. La legge-quadro demanda alle leggi regionali il compito di stabilire le concrete modalità di attuazione dei principi contenuti nella normativa nazionale.
Non è possibile in questa sede passare in rassegna le diverse legislazioni regionali; ma un punto comune, assai importante, merita di essere sottolineato: le leggi regionali, in applicazione dei principi stabiliti dalla legge-quadro, confermano la regola generale secondo la quale l'organizzazione di viaggi compete alle agenzie di viaggio.
In via eccezionale, le Associazioni senza scopo di lucro possono organizzare viaggi, con varie limitazioni sia rispetto al numero dei viaggi (occasionali) che alla loro durata, ecc., unicamente a favore dei propri soci.
Allorché si vada oltre questi caratteri di non professionalità, anche le Associazioni senza scopo di lucro debbono servirsi delle agenzie per l'organizzazione tecnica dei viaggi (vedi, ad esempio, L.R. Veneto n. 46 del 28 agosto 1986; L.R. n. 31 del 14 giugno 1984 dell'Emilia Romagna; oltre la L.R. Lombardia citata qui di seguito).
Da quanto esposto sopra, emergono alcuni problemi che meritano ulteriori approfondimenti.
a) Occorre, anzitutto, stabilire se si intende organizzare "direttamente" i viaggi da parte della Associazione. Si noti preliminarmente che ciò è sicuramente possibile da un punto di vista fiscale. La C.M. n. 30/382547 del 24 giugno 1980 (in Codice Iva , Ipsoa, Sez. 1, art. 74 per n. 5) afferma, infatti: "In forza dell'ultimo comma dell'art. 1 del D.M. 16 gennaio 1980 di attuazione dell'art. 74 ter del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, gli organizzatori di giri turistici, intendendosi per tali coloro i quali svolgono alcune attività tipiche delle agenzie di viaggio e turismo, in qualsiasi forma strutturati (associazioni, enti pubblici o privati, ecc.) sono equiparati alle agenzie e, come tali, assoggettati alla stessa disciplina fiscale prevista per queste ultime".
b) Un'ipotesi alternativa a quella testé formulata è quella di far sì che il rapporto giuridico si instauri direttamente tra agenzia e cliente, limitandosi l'Associazione a svolgere un ruolo promozionale, o a raccogliere le adesioni per conto dell'agenzia di viaggi. L'Associazione poi potrebbe pattuire, come di norma avviene in questi casi, con l'Agenzia un bonus (anche in natura, cioè con l'offerta all'Associazione di un certo numero di viaggi gratuiti) quale riconoscimento per il lavoro svolto e per le spese organizzative sostenute. Come si è già detto, in capo all'Associazione non si avrebbe alcun riflesso fiscale per l'organizzazione dei viaggi; non si possono, però, escludere da assoggettamento ad imposizione fiscale le somme ricevute dall'agenzia quali contropartite degli ordinativi loro procurati.
Una soluzione più radicale, ma civilisticamente e fiscalmente più chiara, potrebbe essere quella di costituire una agenzia di viaggi e turismo, cui affidare per intero l'organizzazione dei viaggi, mantenendo l'associazione l'attività più propriamente promozionale nei confronti dei soci. Ciò, ovviamente, deve avvenire richiedendo la autorizzazione necessaria alla giunta regionale per le agenzie di viaggi e turismo. Il rilascio della autorizzazione è subordinato all'accertamento, mediante apposita istruttoria, del possesso dei requisiti professionali e strutturali e alla rispondenza ai criteri di programmazione, nonché dei requisiti soggettivi.
Questa agenzia deve essere costituita sotto forma di impresa individuale o collettiva (società).
Dopo quanto è stato detto, dovrebbe essere acquisito il dato che l'organizzazione diretta di viaggi, sotto qualsiasi forma giuridica venga effettuata (anche l'Associazione, quindi), costituisce, se svolta dietro corrispettivo, attività commerciale. Per uscire da questo vincolo, sarebbe necessario affidare l'organizzazione interamente a una apposita agenzia viaggi che direttamente intrattenga i rapporti, sia pure tramite l'Associazione, con i clienti, senza che venga corrisposto all'Associazione per l'attività svolta alcun corrispettivo, sotto qualsiasi forma (sconto, provvigioni, viaggi gratuiti, ecc.).
Per quanto concerne gli aspetti propriamente fiscali (almeno ai fini Iva), non vi è disparità di trattamento tra attività di organizzazione di viaggi, gestita da un ente non commerciale (Associazione), e quella gestita da un ente commerciale (agenzia): si applica in ogni caso l'art. 74 ter del D.P.R. n. 633/1972. In particolare, il metodo di liquidazione dell'imposta non è "detrazione di imposta da imposta", bensì di "detrazione di base da base", consistente nel determinare la base imponibile lorda (differenza tra corrispettivi imponibili e costi deducibili al lordo dell'Iva), e nel depurarla dell'Iva con aliquota normale.
L'Iva, scorporata dalla base imponibile lorda, costituisce il versamento di Iva relativo al periodo considerato.
Ai fini delle imposte sui redditi, si seguono per la determinazione del reddito di impresa gli stessi criteri (Titolo I, Capo VI del D.P.R. n. 917/1986) previsti sia per gli enti commerciali che per gli enti non commerciali. Se si tratta di associazione riconosciuta, si applica l'aliquota ridotta del 50% per il calcolo dell'imposta.
c) A questo punto, se si scarta l'ipotesi dell'affidamento della organizzazione dei viaggi a una agenzia di viaggi, la scelta da effettuare sembra essere tra le seguenti possibilità:
1) organizzare direttamente i viaggi tramite l'Associazione, essendo tuttavia consapevoli che si tratta di esercizio di attività commerciale;
2) organizzazione dei viaggi tramite una società "collegata" che sia anche una agenzia di viaggi. E qui, come si è già detto, occorrerà fare la scelta tra cooperativa ed s.r.l., avendo l'avvertenza di fare (per le considerazioni già svolte) anche un preventivo dei costi da mettere a fronte dei relativi ricavi, allo scopo di poter stabilire le condizioni per raggiungere una situazione di equilibrio economico.
Osserviamo, da ultimo, che, come si è ricordato al precedente punto c), non è nemmeno da escludere che l'organizzazione di viaggi possa essere fatta da un ente di tipo associativo, alle condizioni ivi esposte.
Si deve, tuttavia, aggiungere che, qualora il nuovo ente associativo svolgesse solo attività commerciale (organizzazione di viaggi), senza avere una propria attività istituzionale, verrebbe considerato fiscalmente un "ente commerciale" (art. 87, lett. b) del D.P.R. n. 917/1986), e la disciplina fiscale applicabile sarebbe del tutto simile a quella delle società commerciali.
Ad una considerazione globale del problema, ritorna dunque la valutazione circa l'opportunità di far gestire tutte le attività commerciali da una società commerciale, anziché gestirle direttamente da parte dell'Associazione, soprattutto quando, come spesso avviene, i soci cui è rivolta l'attività sono solo soci temporanei.
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