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La circolare n. 98/00 : versamento del debito oggetto di compensazione.

Nella circolare 98, analogamente a quanto affermato dalla R.M. n. 70 del 13/7/98, si è affermato che in tale caso il contribuente debba procedere al versamento delle somme a debito corrispondenti al credito inesistente.

Nell’ esempio sopra citato, ipotizzando il caso in cui nel quadro RX dell’Unico 2003 si sia esposto un credito Irpef da utilizzare in compensazione per € 5.000,00 e questo sia stato erroneamente utilizzato per l’importo di € 8.000,00 nel versamento dell’IVA periodica, occorrerà presentare un altro modello F24 versando € 3.000,00 utilizzando il codice tributo relativo all’IVA del periodo (ad es., 6005 per i mensili, o 6032 per i trimestrali) aggiungendo gli interessi moratori (al tasso odierno del 3,0%) dovuti dalla data di scadenza originaria del versamento fino al giorno in cui viene effettuato il ravvedimento, e infine la sanzione ridotta ad 1/5 prevista per l’omesso versamento di IVA (e quindi il 6%) pari a € 180,00.

Lo stesso discorso vale, si ripete, nel caso in cui il credito Irpef utilizzato si riferisca ad un Unico 03 nel quale si è commesso un errore che ha determinato un importo di credito più alto dell’effettivo.



La circolare n. 101/00 : versamento del credito compensato.

Il secondo intervento ministeriale si è reso necessario per disciplinare il caso in cui il credito inesistente (nel nostro caso, l’Irpef) fosse stato utilizzato per non versare delle somme a debito nei confronti dell’INPS, posto che in tali casi infatti i contributi versati al momento del ravvedimento venivano restituiti dall’INPS al contribuente, in quanto essi erano già stati versati all’INPS stessa dalla struttura di gestione delle Direzione centrale della riscossione.

Sovvertendo completamente quanto affermato nella circolare n. 98, la soluzione prospettata con la circolare n. 101 ha previsto l’applicazione dell’istituto del ravvedimento operoso effettuando il versamento delle somme a debito corrispondenti al credito erroneamente utilizzato in compensazione, ovviamente maggiorato degli interessi e con il contestuale versamento della relativa sanzione prevista per l’omesso versamento rapportata alla data del ravvedimento.

Nello stesso esempio sopra citato, dunque, il contribuente avrebbe dovuto versare con il codice tributo non già dell’IVA del periodo, bensì del credito Irpef erroneamente compensato.



COMMENTO CONCLUSIVO
Si nota però che, mentre tale impostazione ministeriale è corretta nel caso in cui la compensazione abbia coinvolto diversi Enti impositori (l’Erario, le Regioni, o l’INPS), suscita invece qualche dubbio nel caso la compensazione riguardi tributi che spettano ad un unico Ente (come nel nostro esempio, l’Erario per IVA e Irpef).

Sotto l’aspetto puramente normativo, d’altronde, questa soluzione è in ogni caso scorretta, in quanto se si utilizza un credito inesistente per compensare un debito di IVA, è proprio il mancato versamento dell’IVA che occorre sanare, stante, tra l’altro, che il credito inesistente compensato non risulta neppure indicato in dichiarazione !

Infine, è utile citare la circolare n. 48 del 7 giugno 2002, con la quale l’Agenzia delle Entrate ha precisato che per regolarizzare l'utilizzo in compensazione di un credito inesistente ovvero inferiore di quello effettivo, non basta ricostituire il credito attraverso il versamento dell'imposta indebitamente utilizzata, ma occorre anche presentare la dichiarazione integrativa al fine di evidenziare il maggior credito "acquistato".
 
GRAZIE INFINITE DELL'AIUTO!

Il credito iva usato in +per la compensazione dei contributi è di circa € 60.000,00 e la ditta non se nè accorta!!!mah!!

buon lavoro
 
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