E' stata presentata la proposta di legge per trovare in maniera univoca un criterio per la determinazione dell'importo dell'assegno di divorzio.
Fra sentenze più o meno contrastanti infatti, la Corte di Cassazione si è più volte espressa, così la deputata Alessia Morani ha presentato il 12 aprile 2018, la proposta di legge che era già stata votata dalla Commissione Giustizia della Camera nella XVII legislatura, intervenendo sull'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell'unione civile, ripartendo su due commi i contenuti dell'attuale comma 6 (cui sono apportate significative modifiche) ed aggiungendo due ulteriori disposizioni.
Lo scopo del progetto è fornire risposte normative adeguate alla questione dell’equo bilanciamento degli interessi coinvolti dallo scioglimento del matrimonio, particolarmente avvertita dalla società civile per la risonanza mediatica che hanno avuto talune decisioni di merito.
Infatti secondo quanto indicato nella relazione illustrativa della proposta di legge, anche per adeguare la disciplina sull'assegno di divorzio a quelle della maggior parte dei Paesi europei, appare opportuno modificare il quadro normativo con "una soluzione di equità familiare" che permetta di "evitare, da un lato, che lo scioglimento del matrimonio sia causa di indebito arricchimento e, dall'altro, che sia causa di degrado esistenziale del coniuge economicamente debole che abbia confidato nel programma di vita del matrimonio, dedicandosi alla cura della famiglia rinunciando in tal modo a sviluppare una buona formazione professionale e a svolgere una proficua attività di lavoro o di impresa" .
Il nuovo comma 6 dell'art. 5 della legge 898 (art. 1, comma 1, della p.d.l.) prevede che, con la sentenza di divorzio, il tribunale dispone l'attribuzione di un assegno allo scopo di compensare, per quanto possibile, la disparità delle condizioni di vita dei coniugi determinato dallo scioglimento del matrimonio (o dalla cessazione dei suoi effetti civili).
Di conseguenza, è soppresso il riferimento al possesso di mezzi adeguati (o all'impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive) da parte del richiedente come presupposto del diritto all'assegno di divorzio.
Altre novità riguardano gli elementi di valutazione nella determinazione dell'assegno periodico da parte del tribunale, infatti quest'ultimo valuta, in rapporto alla durata del matrimonio:
- le condizioni personali ed economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio;
- il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune;
- il patrimonio e il reddito di entrambi;
- la ridotta capacità reddituale dovuta a ragioni oggettive, anche in considerazione della mancanza di un’adeguata formazione professionale o di esperienza lavorativa, quale conseguenza dell’adempimento dei doveri coniugali, nel corso della vita matrimoniale;
- l’impegno di cura di figli comuni minori, disabili o comunque non economicamente indipendenti;
- il comportamento complessivamente tenuto da ciascuno in ordine al venir meno della comunione spirituale e materiale.
In sostanza si tratta di un rafforzamento, mediante il riconoscimento con legge, di specifici elementi di valutazione già operanti in sede giurisprudenziale.
Tenuto conto di tutte queste circostanze, un ulteriore nuovo comma introduce un'altra innovazione all'attuale disciplina prevedendo che il tribunale può predeterminare la durata dell’assegno nei casi in cui la ridotta capacità reddituale del richiedente sia dovuta a ragioni contingenti o comunque superabili, una sorta di assegno temporaneo.
L’assegno non è dovuto nel caso di nuove nozze, di unione civile con altra persona o di una stabile convivenza del richiedente l’assegno.
L’obbligo di corresponsione dell’assegno non sorge nuovamente a seguito di separazione o di scioglimento dell’unione civile o di cessazione dei rapporti di convivenza.