Gli errori e le omissioni nella compilazione della dichiarazione annuale dei redditi possono essere emendati attraverso la predisposizione e la trasmissione di una dichiarazione integrativa, con la quale il contribuente rettifica la precedente dichiarazione non corretta già inviata.
L’obiettivo di questo strumento è quello di promuovere la collaborazione tra amministrazione fiscale e cittadini, permettendo la correzione di errori o dimenticanze.
Non è detto che una dichiarazione integrativa debba comportare necessariamente un debito d’imposta, in quanto l’errore o l’omissione rilevata può anche essere in favore del contribuente e, in questi casi, si parlerà di dichiarazione integrativa a favore.
Potrebbe essere considerata una situazione a favore del contribuente quella in cui questi, pur avendo a disposizione delle perdite fiscali pregresse, utilizzabili in compensazione dei redditi imponibili in sede di dichiarazione annuale, non si sia avvalso di questa facoltà, per errore o per scelta, e successivamente decida avvalersene trasmettendo una dichiarazione integrativa.
Prende in esame una situazione del genere l’ordinanza numero 28064 della Corte di Cassazione, pubblicata il 5 ottobre 2023.
Nel prendere in esame la questione, la Corte spiega che il diritto di utilizzare le perdite fiscali pregresse, a scomputo dei redditi imponibili realizzati in un dato periodo d’imposta, è stabilito e regolato nei suoi meccanismi operativi dall’articolo 84 del TUIR, il quale riserva al contribuente la facoltà di esercitare o non esercitare questa opzione, in un dato esercizio fiscale e in assoluto.
Invece, il fondamento giuridico alla base della trasmissione di una dichiarazione dei redditi integrativa è l’articolo 1427 del Codice civile, il quale, facendo ricadere l’errore tra le situazioni tipiche dei vizi della volontà, tutela in questo caso il contribuente dalle conseguenze derivanti dal mero errore materiale.
Però, puntualizza la Corte di Cassazione, il mancato utilizzo, in sede di dichiarazione annuale, delle perdite pregresse, a scomputo dei redditi imponibili, non costituisce un errore da emendare, ma una legittima scelta effettuata dal contribuente che “pertanto non può essere oggetto di ritrattazione”.
Il punto è che i dati indicati su una dichiarazione dei redditi costituiscono una “dichiarazione di scienza” che, in caso di errore materiale nell’indicazione di queste informazioni, può essere ritrattata (a favore o a sfavore del contribuente), ma “tale dichiarazione, che in linea generale rappresenta una dichiarazione di scienza, nella parte in cui il contribuente decide di utilizzare le perdite fiscali costituisce un atto negoziale e pertanto non può essere oggetto di ritrattazione”.
Motivo per cui, quindi, nel momento in cui una dichiarazione è trasmessa, utilizzando o non utilizzando le perdite pregresse a scomputo dei redditi imponibili, e sono trascorsi i termini ordinari di trasmissione, tale scelta non potrà essere modificata successivamente trasmettendo una dichiarazione integrativa.
E questo neanche nel caso, come quello analizzato dall’ordinanza 28064/2023, in cui il reddito imponibile emerge solo successivamente in conseguenza di un accertamento fiscale.
Questo orientamento giurisprudenziale, come puntualizzato dalla Corte di Cassazione, può oggi considerarsi consolidato; non a caso nell’ordinanza sono richiamate alcune precedenti decisioni allineate a quella analizzata: le deliberazioni 18043/2023, 16977/2019, 5105/2019, 25566/2017.