Le esperienze lavorative svolte all'estero non possono essere escluse dalla valutazione dei titoli dei candidati nelle graduatorie per incarichi di lavoro negli istituti statali di alta formazione artistica e musicale. Lo statuisce la sentenza C132 2022 (QUI IL TESTO) che risponde ad una domanda di interpretazione dell’articolo 45, paragrafi 1 e 2,TFUE nonché dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei
lavoratori all’interno dell’Unione (GU 2011, L 141, pag. 1).
Il ricorso era stato proposto dal Tar del Lazio e riguardava la controversia instaurata da due cittadini italiani che contestavano la legittimità del decreto ministeriale 14 agosto 2018, n. 597 – "Costituzione graduatorie riservate per il personale docente delle Istituzioni AFAM " in attuazione della norma delle legge di bilancio 205 2017, che prevedeva l'ammissione alla procedura solo per i candidati che abbiano maturato almeno tre anni accademici di insegnamento negli istituti sopracitati .
La Corte ricorda che l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 492/2011 prevede quanto segue:
«Nel quadro del presente regolamento non sono applicabili le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative o le pratiche amministrative di uno Stato membro: (...) b) che, sebbene applicabili senza distinzione di nazionalità, hanno per scopo o effetto esclusivo o principale di escludere i cittadini degli altri Stati membri dall’impiego offerto".
Il Ministero dell'Università e della ricerca affermava che il decreto ministeriale n. 597/2018 era legittimo in quanto adottato sulla base della legge n. 205/2017 che con lo stanziamento di fondi specifici era volta a superare il precariato storico del settore dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica .
Inoltre ricorda che non sussisterebbe alcuna violazione dell’articolo 45 TFUE né del regolamento n. 492/2011, dal momento che non sarebbe ravvisabile alcuna disparità di trattamento fondata sulla cittadinanza dei candidati, giacché la procedura era aperta sia ai cittadini italiani sia agli stranieri.
Viene osservato dal giudice del rinvio che precedenti sentenze della Corte UE hanno affermato che le misure che limitano la libertà di circolazione dei lavoratori possono essere ammesse qualora siano intese a perseguire uno degli obiettivi sanciti nel Trattato FUE o siano giustificate da motivi imperativi di interesse generale, e rispettino il principio di proporzionalità . In particolare l’adozione da parte degli Stati membri di misure orientate a contrastare il fenomeno del precariato nella pubblica amministrazione, derivante dalla reiterata stipula di contratti a tempo determinato, si può considerare diretta a soddisfare non solo interessi nazionali ma anche europei.
La pronuncia della Corte considera invece che una normativa nazionale che non prenda in considerazione tutti i precedenti periodi di attività equivalente, maturati in uno Stato membro diverso da quello di origine del lavoratore migrante, può rendere meno attraente la libera circolazione dei lavoratori, in violazione dell’articolo 45, paragrafo 1, TFUE.
Inoltre osserva che l’esclusione dei candidati che hanno acquisito un’esperienza professionale in uno Stato membro diverso dalla Repubblica italiana dnon sembra, di per sé, utile a favorire il superamento del precariato, vale a dire per aumentare la percentuale di lavoratori a tempo indeterminato, nel settore, posto che consente l’assunzione da parte delle istituzioni tanto di tali lavoratori quanto di lavoratori a tempo determinato.
Pertanto la restrizione alla libera circolazione dei lavoratori causata dalla normativa nazionale citata nel procedimento non è giustificata.
La pronuncia afferma quindi che " l’articolo 45 TFUE e l’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, devono essere interpretati nel senso che:
essi ostano a una normativa nazionale la quale prevede che solo i candidati che abbiano maturato una determinata esperienza professionale nelle istituzioni statali nazionali
dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica possono essere ammessi a una procedura di iscrizione nelle graduatorie finalizzate all’assunzione di personale in tali istituti, mediante contratti di lavoro a tempo indeterminato e determinato, e che impedisce quindi di prendere in considerazione, ai fini dell’ammissione a tale procedura, l’esperienza professionale maturata in altri Stati membri".