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SVALUTAZIONE DEI CREDITI POSSIBILE SOLUZIONE ALLA CRISI DEL SETTORE EDILIZIO

Svalutazione dei crediti possibile soluzione alla crisi del settore edilizio

Superbonus e crediti incagliati: analisi dei dati e ipotesi per una possibile soluzione

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Continua a far discutere il tema del “Superbonus”,

  • sia per la rilevanza politica assunta dalla vicenda, 
  • sia per la dimensione economica del fenomeno idoneo a incidere fortemente sul bilancio dello Stato, rischiando di mettere in crisi i conti pubblici.

Al riguardo, l’Enea (l’ente nazionale cui sono dirette per legge tutte le richieste finalizzate all’esecuzione di lavori edili) in un apposito report ha calcolato un costo complessivo per lo Stato, in termini di detrazioni fiscali, pari a circa 75,3 miliardi di euro (58,5 mld di euro per quelli già ultimati).

Se da una parte, vi è chi difende tale misura ponendo l’accento sull’importante impatto economico complessivo, che secondo “Nomisma” è pari a circa 195 miliardi di euro, nonché su quello occupazionale con circa un milione di nuovi addetti, dall’altra, sono indubbi i molteplici sviluppi sfavorevoli per l’Erario connessi al compimento delle numerose truffe riscontrate dagli organi di controllo per oltre 9 miliardi di euro, relativi a lavori edilizi mai eseguiti.

Lo “sconto in fattura” e l’incondizionata possibilità di cessione dei crediti fiscali in parola, poi, hanno aggravato la situazione cui si è cercato di porre rimedio dapprima con il cd. “Decreto Antifrode” di novembre 2021 e con i successivi decreti “Aiuti quater” e “Blocca cessioni”, rispettivamente nel mese di novembre 2022 e a febbraio 2023.

Un altro effetto negativo, riguarda il pacifico e considerevole aumento dei prezzi dei materiali e delle forniture, necessarie per portare a termine i lavori edili: la questione, già evidenziata dall’allora premier Draghi al Parlamento europeo, ha determinato, vista la sua rilevanza, l’emanazione del “decreto Mite” del 14 febbraio 2022 con i massimali per gli interventi di efficientamento energetico, avente lo scopo, come riferiva l’ex ministro Cingolani di porre “un freno all’eccessiva lievitazione dei costi riscontrata in tempi recenti e riportando il superbonus a un esercizio ragionevole che tuteli lo Stato e i cittadini”.

Bloccate così le cessioni per il futuro, è l’attuale Governo a dover affrontare ora il problema dei crediti già esistenti e incagliati, di difficile se non impossibile monetizzazione da parte delle imprese di costruzioni (giacché, come noto, gli istituti bancari, ormai saturi, non sono interessati all’acquisto) ma altresì d’improbabile compensazione interna, non avendo le imprese medesime abbastanza imposte da versare.

Sul punto, una ragionevole soluzione alla questione, ad avviso di chi scrive, dovrebbe tener conto, come già detto, della circostanza che i valori riguardanti gli interventi edilizi, con riguardo quindi alle partite creditorie e debitorie dei singoli attori coinvolti nella “filiera Superbonus” (vale a dire General contractor, subappaltatore, fornitore e produttore di materiali), sono certamente sovrastimati a causa dell’incontrollato e generalizzato aumento dei prezzi dei materiali: pertanto, con il chiaro fine di disciplinare tale situazione mediante un bilanciamento degli interessi in gioco e con un opportuno intervento legislativo, si potrebbe pensare di “svalutare” (e di rendere fiscalmente deducibili) questi importi in tutti i predetti livelli, applicando quindi sia ai crediti sia ai debiti un abbattimento del 60% o della diversa e forse maggiore percentuale stabilita secondo criteri oggettivi basati sull’acclarato aumento dei prezzi.

La rimanente parte invece, ricondotta a congruità, potrebbe ancora essere oggetto di cessione a Istituti bancari, a società a partecipazione pubblica “capienti” e ad altri soggetti nel rispetto delle previsioni da ultimo dettate con il recente D.Lgs. n. 11/2023.

Sullo stesso piano legislativo, al fine di limitare l’impatto delle perdite conseguenti alla citata svalutazione e in linea con quanto disposto con la normativa emergenziale emanata a seguito della nota pandemia, potrebbe prevedersi anche per il 2023 la disapplicazione degli articoli del codice civile 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482-bis, commi 4, 5 e 6, e 2482-ter, posticipando l’obbligo di ripianamento della perdita al quinto esercizio successivo a quello in cui si è verificata, nonché la non operatività della causa di scioglimento per riduzione o perdita del capitale, di cui agli articoli del codice civile 2484, comma 1, n. 4 e  2545–duodecies.

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