Si torna a parlare di pensione anticipata "Opzione donna" . Ieri in Parlamento alla Camera sono state discusse alcune mozioni delle forze di minoranza che hanno presentato le loro proposte di riforma (vedi i dettagli all'ultimo paragrafo). La discussione continua oggi.
La recente legge di bilancio 2023 ha quasi azzerato le possibilità di accesso al regime di anticipo agevolato riservato alle donne e il Ministro del lavoro Marina Calderone aveva più volte annunciato modifiche, con bozze e proiezioni di spesa al vaglio del Ministero dell'economia.
Invece, né la conversione del decreto Milleproroghe né il Documento di economia e finanza pubblicato a marzo, né il recentissimo Decreto Lavoro N. 48 2023 ne hanno fatto cenno.
Vedi per approfondire Decreto lavoro in vigore:le 10 principali novità
Ricordiamo di seguito i principali aspetti della disciplina e vediamo come potrebbe cambiare .
Opzione Donna com'era e com'è
Si ricorda che il sistema Opzione Donna è in vigore in forma sperimentale dal 2004 (legge di bilancio 2005) e permetteva l'uscita dal lavoro a 58 anni di età per le dipendenti e a 59 per le lavoratrici autonome, con requisito contributivo di 35 anni L'assegno pensionistico è calcolato con sistema interamente contributivo.
L'istituto era sempre prorogato fino ad oggi senza modifiche sostanziali.
Il regime attualmente prevede invece una platea molto ristretta che riguarda solo lavoratrici con seguenti requisiti ( al momento della domanda):
- licenziate o dipendenti da aziende con tavolo di crisi aperto presso il Ministero, oppure
- con disabilità pari o oltre il 74% o
- che assistono, da almeno 6 mesi, persone disabili conviventi , con handicap in situazione di gravità ex legge 104 1992
- età minima 60 anni sia per le dipendenti che per le autonome,
- con anticipo di 1 anno per ogni figlio, entro un massimo di due, quindi:
- 58 anni per chi ha avuto due o più figli e per le disoccupate
Vedi ulteriori dettagli in Opzione donna 2023 requisiti istruzioni decorrenza
Opzione donna come potrebbe essere
Tra le ipotesi di riforma possibile di Opzione Donna da fonti Governative si è parlato nelle scorse settimane di :
- una proroga delle possibilità di uscita ad aprile o a luglio 2023 ancora con i requisiti precedenti (uscite con 35 anni di versamenti e 58 anni d’età per le dipendenti 59 per le “autonome”)
- la possibilità di uscita a 59 anni per tutte le lavoratrici, a a 58 anni per le categorie svantaggiate previste dall'ultima riforma (caregiver, invalidi civili e “licenziate”.)
- eliminazione del requisito del numero di figli per l'abbassamento dell'età
Inoltre il Ministro ha dichiarato in una intervista che riterrebbe utile parificare l’età di uscita di lavoratrici dipendenti e autonome.
Sull'età pensionabile puoi leggere Età e requisiti per andare in pensione 2023
Le proposte di riforma in Parlamento
Nella seduta di lunedì 8 maggio 2023, l’Aula ha iniziato la discussione di alcune mozioni parlamentari che impegnano il Governo a modifiche in materia di normativa previdenziale.
L’On. SARA FERRARI (PD-IDP), ha illustrato la mozione n. 1-00103,(a firma Orlando) che chiede il ripristino dell'istituto pensionistico “opzione donna” per come era vigente fino alla fine del 2022, sottolineando che nella legge di bilancio di fine anno scorso il Governo è intervenuto cancellando, di fatto, quella possibilità di pensione anticipata.
L’On. DANIELA MORFINO (M5S) ha illustrato la mozione n. 1-00119 ( a firma Appendino) che chiede
- il ripristino, nel prossimo provvedimento utile, della disciplina sull'uscita pensionistica per il tramite della cosiddetta «opzione donna» alle regole vigenti sino al 31 dicembre 2022 e
- l'adozione di ulteriori misure suscettibili di affrontare in modo più incisivo e risolutivo le condizioni che sono alla base della penalizzazione femminile in campo previdenziale ovverosia la disuguaglianza di genere nel mercato del lavoro, con particolare riguardo ai bassi livelli contributivi e alle interruzioni di contribuzione per maternità e lavoro di cura.
Ha ribadito che il Governo deve raccogliere le istanze dei cittadini, deve sostenere con giustizia le difficoltà di chi rimane indietro e di chi ha bisogno.
L’On. FRANCESCO EMILIO BORRELLI (AVS) ha illustrato la mozione n. 1-00133 sottolineando come a fronte di una crescente sensibilità delle politiche nazionali e di un'aumentata attenzione al fenomeno da parte delle istituzioni, il divario di genere nel mondo del lavoro risulta essere, ancora oggi, per il nostro Paese uno dei fattori di disparità maggiormente persistenti.
Ad aggravare una situazione già critica sono anche i dati sulla conciliazione vita-lavoro, che mostrano un mercato del lavoro italiano più rigido della media europea. Le donne godono, infatti, di minore flessibilità rispetto agli uomini, in particolare le lavoratrici laureate. Queste disuguaglianze sono, in larga parte, il riflesso della specializzazione di genere tra lavoro retribuito e non retribuito, in virtù del quale le donne più frequentemente accettano retribuzioni inferiori, a fronte di vantaggi in termini di flessibilità e orari.
È facilmente intuibile come la delineata discriminazione di genere nel mondo del lavoro abbia importanti conseguenze nel settore previdenziale. Il divario di genere a livello occupazionale e retributivo che si accumula nell'arco di una vita conduce, infatti, a un divario pensionistico ancor più accentuato e, di conseguenza, comporta, per le donne in età avanzata, un maggior rischio di povertà rispetto agli uomini. Ha ritenuto che “opzione donna” fosse una misura del tutto insufficiente e non risolutiva del problema ma, con la legge di bilancio, si è riusciti addirittura a peggiorarla.
In sede di discussione sulle linee generali si riportano i seguenti interventi di interesse.
L’On. MARCELLO COPPO (FDI) ha espresso l’auspicio che si possa adottare una serie di iniziative a sostegno delle donne, per garantire loro indipendenza economica e contrastare concretamente i divari di genere rispetto all'ambito lavorativo, i quali determinano disuguaglianze anche in relazione ai trattamenti pensionistici. Misure strutturali e sostenibili, che prendano in considerazione le modifiche sociali che stanno avvenendo nella società e che ad esse siano adattabili nel tempo.
L’On. MARIA CECILIA GUERRA (PD-IDP) ha sottolineato la consapevolezza che le donne sul mercato del lavoro sono fortemente penalizzate, con carriere discontinue e retribuzioni più basse, e lo sono, proprio in quanto donne, per motivi molto diversi, fra cui l'impegno che svolgono nel lavoro di cura delle persone più fragili all'interno delle famiglie e nel lavoro domestico.
Ha affermato inoltre che i requisiti per opzione Donna che sono introdotti con la legge di bilancio peggiorano persino rispetto anche a quelli che sono già previsti,ad esempio nell'Ape sociale: non basta essere licenziate, bisogna anche essere licenziate da un'impresa che sia in un tavolo di crisi.