Con la sentenza 1960 2023 la Cassazione approfondisce la nozione di giustificatezza del licenziamento del dirigente che come noto non coincide esattamente con il concetto di "giustificato motivo applicabile" in generale ai licenziamenti individuali , come previsto dalla legge 604 1966 .
Il caso di specie era stato sottoposto alla Corte d'Appello di Bologna, che ribaltando la sentenza del Tribunale aveva dichiarato illegittimo il licenziamento di un dirigente per giustificato motivo oggettivo , per soppressione della posizione di lavoro in quanto la posizione non risultava essere stata soppressa e anzi era stata accertata l'intenzione della societa di affidarla ad altro dipendente .
La Corte territoriale aveva valutato quindi che il comportamento della società mancava di buona fede e correttezza ed era invece finalizzato ad eliminare un dipendente non più gradito.
La sentenza condannava quindi la società datrice di lavoro al pagamento a favore del dirigente dell'indennità supplementare prevista dal CCNL Dirigenti del settore terziario.
La sentenza della Cassazione conferma la valutazione della Corte di appello sottolineando come «Il sindacato del giudice deve insistere sulla reale esistenza degli elementi (coinvolgenti la posizione del dirigente) che, nel caso in esame, possono ritenersi idonei a privare di ogni giustificazione il recesso del datore di lavoro in relazione alla violazione del principio fondamentale di buona fede nella esecuzione del contratto, configurabile quando detto recesso rappresenti l'attivazione di un comportamento puramente pretestuoso, ossia irrispettoso delle regole e dei procedimenti che assicurano la correttezza nell'esercizio del diritto; naturalmente è escluso, per il giudice, l'accertamento sulla possibilità di repêchage in quanto incompatibile con la figura del dirigente, assistita da un regime di libera recedibilità del datore di lavoro».
Sul principio della giustificatezza del licenziamento del dirigente inoltre la pronuncia ricorda che questo concetto è ravvisabile "ove sussista l'esigenza, economicamente apprezzabile in termini di risparmio, della soppressione della figura dirigenziale in attuazione di un riassetto societario mentre non devono essere presenti elementi oggettivi che dimostrino la natura discriminatoria o contraria a buona fede della riorganizzazione".
Si ricorda infine che "in caso di licenziamento del dirigente d'azienda per esigenze di ristrutturazione aziendali è esclusa la possibilità del "repéchage" in quanto incompatibile con la posizione dirigenziale del lavoratore, assistita da un regime di libera recedibilità del datore di lavoro (Cass. n. 3175 del 2013).