I contribuenti in regime forfetario, gli esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, i percipienti redditi da sfruttamento di diritti d’autore, non sottoposti a IVA, applicano, sulle fatture e sulle ricevute emesse, a seconda dei casi, l’imposta di bollo di 2 euro ogni volta che l’importo del documento risulti superiore a 77,47 euro.
L’obbligo di applicare l’imposta è a carico del soggetto emittente, dato che i documenti sono soggetti a imposta fin dall’origine, ma con possibilità di riaddebitare il costo al cliente.
Come costo riaddebitato e rimborsato, di solito l’imposta di bollo non veniva considerata reddito imponibile, ma un costo sostenuto per conto del cliente.
Cambia le carte in tavola l’ormai famosa Risposta a interpello numero 428 del 12 agosto 2022, con la quale l’Agenzia delle Entrate, in relazione all’imposta di bollo applicata ai documenti emessi dai contribuenti in regime forfetario, sostiene che “il riaddebito al cliente dell'imposta di bollo, essendo il professionista il soggetto passivo, fa parte integrante del suo compenso, con la conseguenza che risulta assimilato ai ricavi”.
La prassi però non è norma, e il contribuente che è fermo nelle sue convinzioni, volendo può scegliere legittimamente di non adeguarsi alla posizione dell’Agenzia.
Il problema, segnalato da Italia Oggi dello scorso 4 gennaio, è che molte imprese clienti, specialmente quelle di più grande dimensione, per nulla interessate a intavolare una discussione con il fisco per una questione così irrilevante, richiedono ai fornitori in regime forfetario di gestire l’imposta di bollo come ricavo imponibile.
La medesima impostazione viene richiesta anche agli esercenti attività di lavoro autonomo occasionale e ai percettori di redditi da sfruttamento di diritti d’autore, secondo una lettura estensiva della Risposta a interpello, non priva di fondamento in termini di perimetro d’interesse, ma che non li prende in esame.
In definitiva, che sia per scelta di voler evitare l’eventualità di un inutile contenzioso o per richiesta del cliente, i lavoratori autonomi occasionali e i percipienti redditi da sfruttamento di diritti d’autore possono considerare l’ipotesi di portare a tassazione l’imposta di bollo rimborsata dal cliente.
Per quanto riguarda coloro che percepiscono redditi da sfruttamento di diritti d’autore, l’imposta riaddebitata diventerà semplicemente una componente imponibile del reddito lordo, soggetto ad abbattimento forfetario a titolo di costi, e a ritenuta a titolo d’acconto.
Simile ma dissimile la situazione del lavoratore autonomo occasionale, il quale, a differenza del contribuente in regime forfetario e del percipiente redditi da sfruttamento di diritti d’autore, non determina i costi con modalità forfetarie.
Anche in questo caso il contribuente, sul documento emesso, dovrà considerare il rimborso dell’imposta di bollo come reddito imponibile soggetto a ritenuta a titolo d’acconto, per il suo intero importo.
Ciò che cambia è la gestione del costo in sede di dichiarazione dei redditi: in questa situazione, essendo il costo documentato (dalla ricevuta telematica di versamento, o dal tagliando telematico con relativa ricevuta d’acquisto), è parere di chi scrive che possa essere considerato legittimo, da parte del lavoratore autonomo occasionale, considerare tale costo, se effettivamente sostenuto, come una “spesa” da esporre in deduzione in colonna 3 del rigo RL15 del modello Redditi PF 2023 (attualmente ancora in bozza), riottenendo, in questo modo, la neutralità fiscale pur nel rispetto dell’impostazione di prassi.
Purtroppo le istruzioni del modello Redditi PF 2023, come quelle dell’anno fiscale precedente, non chiariscono il perimetro dei costi deducibili attraverso l’esposizione in colonna 3, per cui non è possibile conoscere lo specifico punto di vista della prassi sul tema: bisognerà basarsi sulle regole generali che richiedono, per la deduzione di un costo, che questo sia inerente, documentato ed effettivamente sostenuto.