In base all’articolo 19 bis, comma 1 lettera i), del DPR 633/72 “non è ammessa in detrazione l'imposta relativa all'acquisto di fabbricati, o di porzione di fabbricato, a destinazione abitativa né quella relativa alla locazione o alla manutenzione, recupero o gestione degli stessi, salvo che per le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell'attività esercitata la costruzione dei predetti fabbricati o delle predette porzioni”.
Quindi il Testo Unico IVA prescrive che, anche per gli operatori economici, che di norma detraggono l’IVA in rispetto del principio della neutralità dell’imposta, l’IVA assolta per l’acquisto e la manutenzione di un immobile a “destinazione abitativa” risulta indetraibile.
Il riferimento, come eccezione, alle imprese la cui attività è quella della costruzione di questa tipologia di fabbricati, farebbe propendere per una lettura letterale della norma, in base alla quale l’incriminata “destinazione abitativa”, da cui discenderebbe l’indeducibilità prescritta, sarebbe quella catastale.
Di diverso avviso è la Corte di Cassazione, che in diverse occasioni si è premurata di aggiustare il tiro della prescrizione, superando la classificazione degli immobili per natura, in rispetto dei principi unionali.
Secondo l’ordinanza numero 35256/2022, infatti, la limitazione alla detrazione posta dal legislatore nazionale trova giustificazione nel momento in cui l’immobile in questione, catastalmente ad uso abitativo, venga effettivamente destinato, in modo esclusivo o promiscuo, all’utilizzo abitativo, che rappresenta una finalità estranea a quella economica, esercitata dall’impresa, in quanto in questi casi “viene meno lo stesso presupposto, previsto dalla normativa comunitaria, sul quale si fonda il diritto alla detrazione dell’imposta (attraverso il quale si attua il principio della neutralità fiscale) e cioè l’impiego strumentale del bene immobile nell’esercizio dell’attività economica soggetta ad IVA”.
Con altre parole, secondo la Corte di Cassazione, in rispetto dei principi unionali di neutralità fiscale, essendo ingiustificabile un generale principio di indetraibilità nel perimetro dell’inerenza, la norma va letta in chiave estensiva, distinguendo l’effettivo uso abitativo (estraneo all’attività dell’impresa), dalla semplice appartenenza dell’immobile a una categoria catastale abitativa, se l’immobile è in effetti utilizzato per l’esercizio dell’attività aziendale.
La Corte ci ricorda infatti che, secondo la Corte di giustizia UE, “addirittura l’uso esclusivamente per fini privati di un bene destinato all’azienda seguito da un uso esclusivamente per i fini della stessa non può influire sul diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte”, in quanto “ciò risulta conforme al principio della neutralità fiscale insito nel sistema comune dell’IVA”.
Del resto non è la prima volta che la Corte di Cassazione si orienta in questa direzione interpretativa; orientamento che, anzi, con il passare del tempo si va consolidando: ricordiamo infatti anche l’ordinanza numero 13259/2022, che tratta del diritto alla detrazione dell’IVA sull’acquisto di un immobile, catastalmente abitativo, ma adibito a studio professionale.
Purtroppo, però, nel complesso il quadro giuridico su cui è immortalata la questione non è dei più tranquilli per il contribuente poco propenso ad alimentare il contenzioso: la giurisprudenza restringe la portata generica di una norma che esclude la detraibilità dell’imposta per tutti gli immobili a “destinazione abitativa”, subordinando la sua applicazione a una valutazione del caso specifico in base all’effettività dell’utilizzo, in rispetto dei più generali principi unionali, ma la prassi sembra al momento poco incline a fare sua questa linea interpretativa.