La Corte di cassazione si è pronunciata con la sentenza 26246 del 5 settembre 2022 su una questione molto controversa dopo la riforme delle tutele contro i licenziamenti operata dalla legge Fornero e dal Jobs act, ovvero il termine di decorrenza della prescrizione per i crediti maturati dai lavoratori verso i datori di lavoro, fissata, come noto, in 5 anni .
La questione è già stata piu volte oggetto di approfondimento da parte della Corte Costituzionale la quale nella sentenza 63/1966, aveva stabilito che era da escludere la decorrenza della prescrizione in costanza di rapporto di lavoro considerando la particolare situazione di inferiorita psicologica (cosiddetto “metus”) in cui versa il lavoratore che puo decidere di non far valere i propri diritti per timore di essere licenziato
In due successive sentenze però in particolare a seguito dell'entrata in vigore dell'art 18 legge 300 1970 la corte costituzionale aveva ammesso la possibilità di far decorrere la prescrizione anche durante il rapporto di lavoro, con conseguente anticipo della decadenza del credito rispetto al termine del rapporto, considerando la garanzia a tutela dei posti di lavoro offerta dall'art 18 della stessa legge
La giurisprudenza di merito si è adeguata ampiamento a questo orientamento ino all’entrata in vigore della legge 92/2012 e poi del dlgs 23 2015 che avendo rdimensionato la tutela reale ha stabilito invece, che il termine di prescrizione decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro , per tutti i diritti non già prescritti al momento dell'entrata in vigore
Nel caso analizzato dalla Cassazione, che respinge l'ipotesi di chiamare nuovamente in causa la Consulta invocata in subordine,, due lavoratrici avevano richiesto il pagamento di crediti da lavoro per lavoro straordinario notturno, eccedenti la prescrizione quinquennale
Il ricorso era stato respinto dal tribunale e dalla Corte di Appello di Brescia che pero aveva compensato le spese di primo e di secondo grado, dando atto di un’obiettiva incertezza nell’indirizzo giurisprudenziale di merito.
Come già il Tribunale, la Corte ha giudicato ancora vigente , ai fini della decorrenza della prescrizione, anche dopo le modifiche dell’art. 18 legge n. 300/1970, la permanenza della stabilità reale del rapporto di lavoro in quanto non ha riconosciuto la ricorrenza di una condizione psicologica di timore (metus) del lavoratore . Le lavoratrici ricorrenti infatti viste le rivendicazioni retributive specifiche avrebbero avuto mantenimento di una tutela ripristinatoria piena, in caso di licenziamento intimato “per ritorsione, e dunque discriminatorio” e non avrebbero subito un’attenuazione della tutela per un licenziamento fondato su ragioni (giusta causa o giustificato motivo, oggettivi e sussistenti)
La corte di cassazione, come detto , accoglie il ricorso ricordando la pronuncia delle Sezioni unite che ha statuito il doppio regime di (decorrenza della) prescrizione, a seconda della stabilità o meno del rapporto di lavoro. Essa ha così enunciato il principio, poi costantemente seguito, di non decorrenza della prescrizione dei crediti di lavoro durante il rapporto di lavoro solo per quei rapporti non assistiti dalla garanzia della stabilità. Il principio di diritto della nuova pronuncia stabilisce dunque che
“Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della legge n. 92 del 2012 e del decreto legislativo n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità. Sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della legge n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4 e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro”.