Nella sentenza n. 24388 2022 la Cassazione ribadisce le condizioni che realizzano il reato di sfruttamento del lavoro e intermediazione illecita di manodopera punito dall'art 603 bis del Codice Penale. Tra queste inserisce anche il caso della stipula di contratti a tempo parziale che nascondono invece attività a tempo pieno del lavoratore.
Si ricorda il testo dell'articolo di legge il quale, "salvo che il fatto costituisca più grave reato, punisce "chiunque svolga una attività organizzata di intermediazione reclutando manodopera o organizzandone l'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori.."
Il caso giunto all'attenzione della Suprema corte riguardava il legale rappresentante e l'amministratore di fatto di una azienda citati in giudizio per avere imposto una modifica unilaterale del contratto di lavoro, che passava da ful time a part time con retribuzione diminuita. Tuttavia, i dipendenti:
- continuavano a lavorare per un numero di ore corrispondenti al contratto a tempo pieno, percependo la retribuzione prevista dal C.C.N.L. relativa ai contratti part-time.
- i lavoratori non usufruivano delle ferie, ddei giorni di assenza e permesso previsti dalla contrattazione collettiva,
- lavoravano per un numero di ore pari a 48 ore settimanali in alta stagione.
Il tribunale di merito aveva quindi concluso, sulla base delle dichiaraizoni dei lavoratori e dalla verifica dei prospetti dei turni e delle buste paga , che" gli indagati si procurarono un ingiusto profitto rappresentato dalle retribuzioni non corrisposte, quantificate in euro 186.512,30 " Era stato quindi disposto il sequestro preventivo per tale somma .
La sentenza dei supremi giudici , in particolare, inizialmente respinge come infondati i motivi di ricorso legati al fatto che le assunzioni fossero avvenute prima della entrata in vigore della norme e che si fossero realizzate attraverso un soggetto terzo in quanto ciò non incide sulla responsabiità dei datori di lavoro effettivi .
Inoltre gli ermellini condividono la valutazione del tribunale sul fatto che "le dipendenti si erano viste costrette ad accettare le condizioni imposte per la necessità di mantenere un'occupazione, non esistendo, nel contesto in cui è maturata la vicenda, possibili reali alternative di lavoro".
La corte di cassazione riafferma cosi il principio per cui ai fini dell'integrazione del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, lo stato di bisogno non va inteso come uno stato di necessità tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, bensì come una situazione di grave difficoltà, anche temporanea, tale da limitare la volontà della vittima e da indurla ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose (cfr. Sez. 4, n. 24441 del 16/03/2021,.
Su queste basi dunque l'istanza di cassazone è respinta.
I chiarimenti dell'INL sul reato di sfruttamento del lavoro
Si ricorda che nella circolare n. 50/2019, l'ispettorato del lavoro aveva chiarito che l’art. 603-bis c.p. si occupa di due ipotesi di reato connesse ma non necessariamente sempre contestuali, come dimostra la sentenza sopracitata:
- La prima riguardante l’“intermediazione illecita” si realizza quando qualcuno “recluti” manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizione di sfruttamento
- La seconda punisce appunto lo “sfruttamento lavorativo” direttamente da parte dei datori di lavoro anche, ma non solo, in conseguenza all'intermediazione illecita .
Le condizioni che costituiscono di questo reato di particolare gravità, sono, per l'INL:
- la reiterata corresponsione di retribuzioni sproporzionate rispetto al lavoro prestato;
- la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
- le irregolarità in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro,
- condizioni di lavoro di sorveglianza o di alloggio inadeguate .