Con Sentenza n. 67 dell'11 marzo 2022, la Corte costituzionale afferma il primato del diritto UE sulla normativa nazionale e di conseguenza è dovuto il medesimo trattamento per i cittadini extracomunitari, soggiornanti di lungo periodo e con permesso unico di lavoro, rispetto ai cittadini italiani, in materia di assegno per il nucleo familiare (ANF). Questo anche nel caso in cui alcuni membri della famiglia per un periodo siano residenti all'estero .
La questione era stata posta dalla Cassazion dopo due rinvii successivi alla Corte di giustizia dell’Unione Europea che aveva ritenuto non compatibile la disciplina italiana relativa all’ANF con due direttive europee (2003/109 sui soggiornanti di lungo periodo e 2011/98 sul rilascio di permesso unico di lavoro). Se è vero che sono i familiari a beneficiare dell’ANF, affermava la Corte di Lussemburgo – è altrettanto vero che l’assegno è versato al lavoratore o pensionato, componente a sua volta del nucleo familiare.
L’obbligo di non differenziare il trattamento dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti è imposto dalle direttive in modo chiaro e incondizionato, e come tale ha un effetto diretto sulla normativa italiana .
In riferimento alla disciplina dell'assegno al nucleo familiare, nello specifico, va ricordato che l'art. 2, comma 6-bis, del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69 è stato ritenuto contrastante con la direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo nella parte in cui afferma che «per i cittadini non appartenenti all’Unione europea titolari di permesso di lungo soggiorno», non fanno parte del nucleo familiare coniuge, i figli ed equiparati che non abbiano la residenza nel territorio della Repubblica, salvo che dallo Stato di cui lo straniero è cittadino sia riservato un trattamento di reciprocità nei confronti dei cittadini italiani.
In occasione di quel rinvio alla UE, la Corte di cassazione riferiva che nella sentenza oggetto del ricorso il giudice ha riconosciuto l’assegno per il nucleo familiare anche nei periodi di assenza dei familiari dal territorio italiano, previa disapplicazione dell’art. 2, comma 6-bis, del d.l. n. 69 del 1988, in quanto norma contrastante con il diritto dell’Unione europea. Ciò in ragione del fatto che "la disciplina nazionale dell’assegno per il nucleo familiare applicabile al cittadino italiano, contenuta nell’art. 2, comma 2, del d.l. n. 69 del 1988, riconosce detto assegno indipendentemente dal luogo di residenza dei componenti il nucleo stesso"
Nella sentenza della Consulta dunque si riconferma ancora una volta la legittimità di tale decisione, spiegando che le sentenze della Corte Europea concorrono ad "assicurare e rafforzare il primato del diritto dell’Unione, alla cui attuazione i giudici comuni devono partecipare, «disapplicando all’occorrenza» qualsiasi disposizione del diritto nazionale contrastante con il diritto dell’Unione."
La competenza esclusiva della Corte di giustizia nell’interpretazione e applicazione dei Trattati ‘‘comporta, in virtù del principio di effettività delle tutele, che le decisioni adottate sono vincolanti, innanzi tutto nei confronti del giudice che ha disposto il rinvio’’.