Con il principio di diritto 17 del 31 dicembre 2021 l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sulla nozione di soggetto investitore ai fini del credito d'imposta per ricerca e sviluppo.
In particolare, un soggetto istituzionalmente deputato ex lege allo svolgimento di attività soggette ad un sistema regolatorio pubblico, il quale prevede un meccanismo di finanziamento delle attività totalmente derivante dall'addebito di una "tariffa" a carico di soggetti privati (consumatori), non può essere considerato un "investitore" agli effetti del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo, di cui all'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, e ss.mm.ii..
Avendo riguardo agli aspetti sostanziali della fattispecie in esame, infatti, si deve rilevare che le attività di ricerca e sviluppo svolte costituiscono attività rientranti nell'esecuzione dei compiti istituzionali assegnati e, in quanto tali, direttamente e pienamente remunerate nell'ambito di tale rapporto con il soggetto pubblico. In altri termini, nel caso di specie il rischio è integralmente coperto dalle specifiche componenti della tariffa e, pertanto, il soggetto, pur rientrando in via di principio tra i soggetti potenzialmente beneficiari della disciplina del credito d'imposta, non può accedere al beneficio in esame non potendo essere considerato un soggetto "investitore" nell'accezione rilevante ai fini della disciplina agevolativa.
Il credito d'imposta in argomento, infatti:
- è rivolto ai soggetti che nella veste di imprese effettuano investimenti, cioè investono risorse in attività di ricerca e sviluppo, ne sostengono i relativi costi, assumendone il rischio e avvalendosi degli eventuali risultati,
- non spetta ai soggetti che, pur eseguendo le suddette attività, non restano incisi dei relativi costi e non sopportano il rischio degli investimenti né acquisiscono i benefici della ricerca svolta (cfr. circolare n. 13/E del 27 aprile 2017 - paragrafo 4.7.1)