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ACCERTAMENTO PREVIDENZIALE LEGITTIMO SOLO SE È DEFINITIVO QUELLO FISCALE

Accertamento previdenziale legittimo solo se è definitivo quello fiscale

L’accertamento di un maggior reddito può generare una pretesa sia fiscale che previdenziale, una subordinata all’altra, ma indipendenti in sede di contenzioso.

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Un certo interesse ha destato una recente sentenza del Tribunale di Siracusa del 23 settembre 2021; nel caso in esame, un contribuente esercente attività di impresa era stato raggiunto da un avviso di accertamento, da parte dell’Agenzia delle Entrate, con il quale si contestava un maggior reddito e si richiedevano le relative imposte, con sanzioni e interessi; il contribuente ricorreva in Commissione tributaria; successivamente, l’Inps trasmetteva al contribuente un avviso di addebito per contributi commercianti non versati, sulla base del maggior reddito contestato dall’Agenzia; il contribuente ricorreva davanti al giudice del lavoro del Tribunale di Siracusa.

Il Tribunale di Siracusa ha annullato l’avviso di addebito dell’Inps, in quando, dato che la pretesa si basava solo su un accertamento fiscale ancora non definitivo, l’ente non aveva dato prova dell’esistenza della propria pretesa creditoria.

Il caso in questione mette in evidenza tutti i limiti degli attuali meccanismi di ripartizione delle competenze nel contenzioso tributario e previdenziale.

Le contestazioni sono operate da parte di due diversi enti, l’Agenzia delle Entrate per i tributi e l’Inps per i contributi, talvolta sulla base della medesima base giuridica: la contestazione di un maggior reddito, che genera, rispettivamente, maggiori imposte e maggiori contributi.

L’onere di contestare il maggior reddito è a carico dell’Agenzia delle Entrate, ma l’Inps basa la sua pretesa previdenziale su questa contestazione.

Quindi una sola contestazione, il maggior reddito di un anno fiscale, genera due diverse pretese, una tributaria e una previdenziale.

Il contribuente, che vorrà contestare la medesima fattispecie, dovrà, perciò, adire la Commissione tributaria e il Giudice del lavoro.

Tale bipartizione del contenzioso, oltre che raddoppiare i costi a carico del contribuente e della collettività, crea anche delle non trascurabili sensibilità, in quanto il giudice ordinario si trova talvolta a giudicare questioni che, anche se indirettamente, rientrano nella sfera specialistica del diritto tributario.

Per di più, da un punto di vista teorico, essendo le due procedure fondamentalmente indipendenti, non è affatto detto che i due giudizi arrivino al medesimo risultato.

La sentenza del Tribunale di Siracusa cerca di mettere ordine in questa situazione problematica tracciando una linea di temporalità: nel momento in cui diventa definitiva la pretesa tributaria (o il contribuente rinuncia a contestarla), che equivale all’accertamento dell’effettiva esistenza del maggior reddito, l’ente previdenziale potrà legittimamente richiedere il maggior contributo.

Quella del Tribunale di Siracusa è una decisione di buon senso; ma, dato che sono in discussione la riforma fiscale e quella del contenzioso, si spera che il legislatore intervenga per apportare maggior efficienza e ridurre i costi a carico dei contribuenti e della collettività, riunendo le contestazioni fiscali e previdenziali in capo al medesimo giudice.

Ti puo interessare il completo  manuale Il contenzioso contributivo con l'INPS (normativa e modelli di ricorso) di P.M.  Gangi et al.  libro di carta Maggioli editore 516 pp.

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