Con la liberalizzazione delle tariffe professionali, il mondo della consulenza si è dovuto scontrare con due situazioni nuove per molti professionisti: la concorrenza basata sul prezzo e la debolezza contrattuale del professionista nei confronti dei clienti più grandi.
Se la prima situazione costituisce una normale forma di concorrenza in una economia di mercato, quando una parte contrattuale è costretta ad accettare determinate condizioni a causa della forza contrattuale dell’altra, siamo di fronte ad una distorsione del mercato.
La risoluzione di questa distorsione è la ratio alla base delle norme riguardanti l’equo compenso dei professionisti, come previste dal Disegno di Legge 3179, appena approvato alla Camera, con alcune modifiche rispetto alle previsioni originarie, e che ora passa in Senato per l’approvazione definitiva.
Destinatari del provvedimento sono i rapporti professionali regolati da convenzioni, in relazione al compenso contrattualmente concordato dal professionista con:
- imprese bancarie;
- imprese assicurative;
- imprese con ricavi annui superiori a 10 milioni di euro o con più di 50 dipendenti;
- pubblica amministrazione.
Per scelta sono state escluse dal perimetro normativo le società partecipate dalla pubblica amministrazione, per problemi di copertura finanziaria sono stati esclusi gli agenti della riscossione; ma, per i secondi, sembra ci sia la volontà politica per una futura inclusione.
Il DdL approvato prevede la nullità delle pattuizioni che vietano al professionista di chiedere acconti prima del completamento dell’incarico o che impongano l’anticipazione di spese.
Il compenso per essere considerato equo dovrà essere coerente con i parametri stabiliti dai decreti ministeriali ogni due anni, su proposta degli ordini professionali.
In caso di compenso non equo spetterà al tribunale determinare la misura monetaria dell’equità, condannando il cliente a versare al professionista la differenza tra quanto concordato contrattualmente e quando si sarebbe dovuto concordare in base ai parametri ministeriali. Il giudice potrà anche stabilire un indennizzo fino al doppio di tale differenza.
Infine il DdL prevede una elencazione di clausole vessatorie, che, se previste, saranno da considerarsi nulle, senza per questo inficiare l’esistenza dell’intero contratto.
Alcuni punti del Disegno di Legge, nella sua versione approvata, hanno attirato non poche critiche.
Molta attenzione ha attirato la disposizione che prevede la facoltà, attribuita agli Ordini professionali, di adottare sanzioni deontologiche nei confronti dei professionisti che hanno accettato un compenso non equo, in quanto la misura punitiva sarebbe discriminatamente a carico dei soli professionisti ordinistici, non potendo essere applicata agli altri professionisti, che pure rientrano nel perimetro della norma.
Criticata anche la parte della norma che limita i rapporti professionali oggetto di tutela a quelli regolati da convenzioni: secondo il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, come riportato sul sito ufficiale dell’associazione di categoria, è “completamente fuori binario il perimetro di applicazione della norma. Si continua a insistere sui rapporti professionali regolati da convenzioni con banche, assicurazioni e grandi imprese che, però, sono solo una parte dei clienti dei professionisti ma non si fa alcun riferimento ai rapporti professionali individuali, relativi cioè alle singole prestazioni, che rappresentano la maggior parte degli incarichi attribuiti dalla Pubblica Amministrazione ai professionisti e che rimangono fuori dal campo di applicazione della Legge”.