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REATO DI AUTORICICLAGGIO, ANCHE DA EVASIONE FISCALE: È ARRIVATA LA LEGITTIMAZIONE DALL’UE

Reato di autoriciclaggio, anche da evasione fiscale: è arrivata la legittimazione dall’UE

La Corte di Giustizia UE, interpretando la Direttiva antiriciclaggio, legittima le norme nazionali sull’autoriciclaggio, come quella italiana

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Nell’ordinamento italiano, il reato di auto-riciclaggio è disciplinato dall’articolo 648-ter.1 del Codice penale, il quale, al comma 1, stabilisce che “si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa”.

In parole più semplici, si realizza il reato di auto-riciclaggio quando l’autore di un diverso reato, che ha prodotto disponibilità finanziarie illecite, cerca poi di impiegarle in attività economiche al fine di nasconderne la provenienza.

La fattispecie presenta quindi due reati, quello principale che genera la disponibilità finanziaria, e quello subordinato (il riciclaggio), che la nasconde. 

L’auto-riciclaggio si realizza quando l’autore di entrambi i reati è la medesima persona.

Il concetto interessa i contribuenti perché si applica anche al diritto tributario, nel caso in cui il contribuente cerchi di nascondere disponibilità finanziarie che derivino da evasione fiscale.

La normativa antiriciclaggio non è una peculiarità italiana, in quanto discende dalla Direttiva UE 2015/849, che a sua volta, sul tema, riporta quanto già disposto dalla precedente Direttiva UE 2005/60.

Nello specifico l’articolo 1 comma 3 lettera a) della Direttiva 2015/845 stabilisce che “ai fini della presente direttiva le seguenti azioni, se commesse intenzionalmente, costituiscono riciclaggio: la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l'origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni”.

La scrittura della norma europea, a differenza di quella italiana, lascia intendere che colui che effettua il reato principale, da cui originano le disponibilità finanziarie, sia una persona diversa da colui che poi le impieghi, realizzando il reato subordinato di riciclaggio.

Se così fosse, se esistesse un principio di distinzione tra le personalità dei due reati contestabili, verrebbe meno il principio giuridico da cui discende il reato di auto-riciclaggio in tutti i paesi dell’Unione Europea.

La questione interpretativa, affatto secondaria, è arrivata alla Corte di Giustizia UE, alla quale è stato chiesto di interpretare la norma. 

Con la sentenza sulla causa C-790/19 del 2 settembre 2021, proprio in tema di evasione fiscale, la Corte, ricordando che “ai fini dell’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte”, constata che 

  • dalla formulazione dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2005/60 risulta che, affinché una persona possa essere considerata autrice di riciclaggio di capitali, ai sensi della summenzionata disposizione, quest’ultima deve sapere che detti beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a una siffatta attività. Orbene, un requisito siffatto consiste unicamente nel richiedere che l’autore del reato di riciclaggio di capitali conosca l’origine criminale dei capitali interessati. Poiché tale requisito è necessariamente soddisfatto per quanto riguarda l’autore dell’attività criminosa da cui provengono i capitali in parola, essa non esclude che quest’ultimo possa essere l’autore del reato di riciclaggio di capitali di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2005/60”.

Quindi, secondo la Corte di Giustizia UE, il reato di riciclaggio si configura nell’impiego in attività economiche di disponibilità derivanti da diversa attività criminosa, quando colui che limpiega è a conoscenza della loro origine; e, il fatto che l’autore del reato principale (l’evasione fiscale) sia anche l’autore di quello subordinato (il riciclaggio), realizza il richiesto elemento conoscitivo sull’origine delle disponibilità impiegate.

Da ciò discende la legittimità, in tutta l’Unione Europea, delle disposizioni nazionali in tema di auto-riciclaggio.

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