Con la telematizzazione del processo tributario l’allineamento tra previsioni procedurali e strumentazione digitale assume maggiore rilevanza rispetto al passato.
In questa sede ci chiediamo a quali condizioni la notifica via PEC si può dire regolare per assolvere alle funzioni a cui è demandata nell’ambito del processo tributario; alla domanda risponde la Corte di Cassazione sezione civile con la sentenza numero 14874 del 27 maggio 2021.
Nell’ambito del processo tributario (come in quello civile), le modalità corrette di notifica per mezzo della Posta Elettronica Certificata (PEC) assumono importanza fondamentale, in quanto il difetto della notifica pregiudica la legittimità dell’attività processuale.
Il perno della questione si fonda nell’assunto, definito “assolutamente pacifico” dalla Corte, secondo il quale, nel processo tributario, la comunicazione della data dell’udienza, dovendo garantire il diritto fondamentale alla difesa e al contraddittorio, assume importanza imprescindibile; di conseguenza, l’omessa comunicazione, in questo caso, determina la nullità della sentenza.
Di conseguenza la sentenza in trattazione si preoccupa di definire quando e a quali condizioni una comunicazione inviata via PEC (al contribuente in questo caso, ma le medesime considerazioni, per diverse fattispecie, valgono quando il mittente è il contribuente) possa considerarsi perfezionata, perché la sua corretta notifica equivale all’avvenuta consegna nelle disponibilità del destinatario.
Un messaggio inviato via Posta Elettronica Certificata (PEC), restituisce a colui che la invia due ricevute generate automaticamente dal sistema:
- la ricevuta di accettazione;
- la ricevuta di avvenuta consegna.
Quale delle due ricevuti attesti la correttezza della notifica costituisce questione non trascurabile in conseguenza del fatto che “non può porsi a carico della parte che eccepisce la mancata effettuazione di un adempimento, quale la comunicazione di una data di udienza, l’onere della prova negativa di tale fatto”.
Con altre parole, sarà a carico di chi invia la comunicazione l’onere di dimostrare la correttezza della trasmissione.
È pur vero che, nella situazione analizzata dalla sentenza, il mittente non poteva produrre nessuna delle due ricevute idealmente a sua disposizione, risolvendo così l’imbarazzo della scelta, ma la Corte di Cassazione, con l’occasione, ha voluto precisare la problematica con finalità più generali.
Le domande sono semplici: la dimostrazione della correttezza dell’invio si realizza presentando entrambe le ricevute o è sufficiente una sola? E se ne basta una sola, quale? Non egualmente scontate sono le risposte.
La Corte di Cassazione, premettendo che la ricevuta di accettazione dimostra che il mittente ha inviato la comunicazione, e che la ricevuta di avvenuta consegna dimostra che il destinatario l’ha ricevuta, puntualizza che l’invio di una comunicazione tramite PEC (che equivale ad invio per mezzo posta tracciata) si intende perfezionata nel preciso momento in cui il mittente riceve sulla sua casella la ricevuta di avvenuta consegna (RAC), quale documento idoneo a dimostrare che il messaggio informatico è correttamente pervenuto al destinatario.
È evidente che il punto è coerente con il diritto alla difesa e al contraddittorio, ma si noterà come, come talvolta accade, il meccanismo potrebbe favorire il contribuente incline all’ostruzionismo, il quale, fornendo un indirizzo di posta elettronica certificata non più funzionante o con casella piena, potrebbe facilmente rendere difficoltosa la notifica.