La clausola del contratto collettivo che vieta di aderire a manifestazioni sindacali è discriminatoria e e viola il diritto costituzionale della liberta nella sfera delle convizioni personali di ogni singolo lavoratore. Va quindi sanzionata con l'obbligo di risarcire il danno non patrimoniale
Lo ha deciso la Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 20819 del 21 luglio 2021 contro RYAN AIR , già condannata dal tribunale di Bergamo e dalla Corte di Appello di milano per una clausola del contratto collettivo di lavoro irlandese applicato anche al personale italiano , che prevedeva penalizzazioni nell'orario di lavoro per chi aderisse ad iniziative delle organizzazioni sindacali Italiane .
La sentenza oltre a confermare l'applicabilità della normativa italiana per eventi che si realizzano sul suolo nazionale stabilisce che tale clausola contrattuale è discriminatoria in quanto la libertà sindacale , come espressione di convincimento personale è garantita dalla Costituzione e dal diritto dell'Unione europea.
Vediamo di seguito maggiori dettagli sul caso.
Liberta sindacale e clausole contrattuali Cassazione SU 20819-2021
La sentenza affronta dettagliatamente vari aspetti connessi ai motivi di ricorso. Ricorda innazitutto che il sindacato CILT CGIL aveva convenuto in giudizio Ryanair per "ottenere l'accertamento del carattere discriminatorio - e la correlata tutela legale (risarcitoria e in forma specifica) - della clausola contrattuale, inserita nel contratto di lavoro del personale di cabina impiegato dalla società e definita "Estinzione del contratto". Quest'ultima era volta ad
- impedire a detto personale di cabina di effettuare interruzioni di lavoro o qualunque altra azione sindacale, escludere che la società datrice di lavoro e le società di mediazione contrattino e riconoscano qualunque sindacato dello stesso personale,
- impedire azioni collettive di qualsiasi tipo, pena l'annullamento e l'inefficacia del contratto e la perdita di qualunque incremento retributivo o indennitario, o di cambio turno;
- nonché della condotta della società e della prassi aziendale di escludere qualsiasi rapporto con le organizzazioni sindacali inibendo allo stesso personale l'affiliazione collettiva e rivendicazioni collettive. Ryanair non aveva rapporti con le organizzazioni sindacali italiane e anche con le organizzazioni sindacali degli altri Stati dell'Unione europea, e l'amministratore della società aveva avallato pubblicamente tale prassi aziendale."
Il Tribunale di Bergamo ha accolto il ricorso, e ha dichiarato il carattere discriminatorio del comportamento tenuto dalla società in relazione alla suddetta clausola contrattuale e alle suddette condotte, ordinando a Ryanair DAC di pubblicare a proprie spese un estratto del provvedimento sul Corriere della Sera, in formato idoneo a garantire adeguata pubblicità, e autorizzando il sindacato a provvedervi direttamente, in caso di inottemperanza, con diritto di rivalsa. Il Tribunale ha condannato la società Ryanair DAC a pagare alla FILT CGIL di Bergamo la somma di euro 50.000,00 a titolo di risarcimento dannii
Nel suo appello , Ryanair DAC chiedeva in via pregiudiziale che fosse dichiarata la carenza di giurisdizione del giudice italiano a favore del Tribunale del lavoro di Dublino, e la improcedibilità e inammissibilità del ricorso; in via preliminare prospettava l'applicabilità della legge irlandese alla presente fattispecie, e quindi ai rapporti tra essa società e i dipendenti.
La Corte d'Appello afferma invece che innanzitutto che la giurisdizione è italiana e che l'azione esercitata da FILT CGIL di Bergamo attiene all'accertamento della natura discriminatoria di alcune condotte collegate alle condizioni di lavoro del personale che viene selezionato in Italia. Il sindacato, pertanto agisce legittimamente ai sensi dell'art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 216 del 2003 come ente esponenziale di interessi collettivi. Infatti la gurisdizione anche nei confronti dello straniero va determinata sulla base della domanda, e l'azione svolta dal sindacato ricade nella sfera di operatività dell'art. 7, n.2, del regolamento UE n. 1215/2012, che prevede "Una persona domiciliata in uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro" (...) "in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti all'autorità giurisdizionale del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto o può avvenire".
La corte di appello inoltre respinge l'obiezione della società sul punto che la clausola non fosse inserita nei singoli contratti di lavoro bensi nel contratto collettivo , inn quanto, proprio perche inserita nel contratto collettivo che regola il rapporto di lavoro, è "pienamente operante ed efficace nei confronti del dipendente". A riprova di ciò ricorda che "tale clausola era stata richiamata dalla società nella lettera del 15 dicembre 2017, indirizzata al personale di cabina assegnato a basi italiane, contenente l'invito a non aderire allo sciopero indetto dai sindacati italiani"
In conclusione la Cassazione ratifica in toto la sntenza emessa dalla Corte di appello , ribadendo che l'art. 12 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), elevata a rango di diritto primario (art. 6, par. 1, TUE), enuncia il diritto di libertà di associazione a tutti i livelli e segnatamente, tra gli altri, in campo sindacale, con il corollario del diritto di ogni persona "di fondare sindacati insieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri interessi". L'art. 28 CDFUE, inoltre, sancisce il diritto di negoziazione e di azioni collettive dei lavoratori e dei datori di lavoro, e infine la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) dedica l'art. 11 alla libertà di riunione ed associazione, che ha ad oggetto tra l'altro "il diritto di partecipare alla costituzione di sindacati e di aderire ad essi per la difesa dei propri interessi".