Il datore di lavoro non ha l'obbligo di spueigare le m otivazioni per il trasferimento di un lavoratore ad altra sede . Questo quanto afferma la Cassazione nell'ordinanza del 6 luglio 2021 n. 19143 n
La Suprema corte afferma infatti che il datore di lavoro non è tenuto ad indicare al dipendente le ragioni alla base del trasferimento né a fornirgli risposta nell'ipotesi se il lavoratore cliele chiede in quanto il provvedimento di trasferimento non è soggetto ad alcun onere formale.
Trasferimento del lavoratore ad altra sede e motivazione
La questione riguardava un dipendente di SKy Italia trasferito ad altra sede che aveva ottenuto sia dalla corte di primo grado che di applello la reintegrazione nell'unità precedente con le stesse mansioni . La Corte territoriale come il giudice di primo grado aevano infatti rilevato la natura collettiva del trasferimento (in quanto, come previsto dall'art. 57 del c.c.n.l. delle imprese radiotelevisive private, concerneva almeno 4 lavoratori entro un periodo di 4 mesi per la stessa sede di destinazione)
La corte di appello sottolineava anche che sussisteva a carico del datore di lavoro, l'onere di fornire tutte le informazioni necessarie per verificare da un lato la sussistenza di una vera e propria riorganizzazione aziendale e dall'altro la correttezza dell'individuazione del lavoratore da trasferire, fatto non dimostrato dalla societa
Nel ricorso in Cassazione la società invece affermava che in tema di trasferimento del lavoratore, le norme non impongono alcun onere di forma né richiedono che il provvedimento debba necessariamente contenere l'indicazione dei motivi né che il datore di lavoro abbia l'obbligo di rispondere, al lavoratore che li richieda.
Inoltre evidenzia che era stata esclusa la prova testimoniale articolata dalla società diretta a dimostrare l'effettività del trasferimento collettivo), le ragioni poste a base del trasferimento, il criterio di scelta dei lavoratori ricollocabili sulla sede di Roma e le ragioni della realizzazione del trasferimento in due tempi (aprile 2014 e aprile 2015).
Infine sulle modalità di scelta dei lavoratori la socità ricorda che aveva provveduto ome prevede il contratto collettivo a un esame congiunto con le organizzazioni sindacali senza raggiungere alcun accordo, adottando unilateralmente dei criteri di scelta non avendo alcun limite all'insindacabilità della scelta imprenditoriale se no,n il divieto di atti arbitrari o discriminatori .
La Corte concorda con le motivazioni del ricorso e cassa la sentenza di appello. In particolare ricorda che:
- il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive legittimanti il trasferimento del lavoratore deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento datoriale e le finalità tipiche dell'impresa e, trovando un preciso limite , nel principio di libertà dell'iniziativa economica privata (garantita dall'art. 41 Cost.), non può essere ampliato al merito della scelta operata dall'imprenditore
- Inoltre è assodato che , salvo che risulti diversamente disposto dalla contrattazione collettiva, il datore di lavoro, in applicazione dei principi generali di correttezza e buona fede (art. 1375 cod. civ.), qualora possa far fronte a dette, ragioni avvalendosi di differenti soluzioni organizzative, per lui paritarie, è tenuto ,a preferire quella meno gravosa per il dipendente, soprattutto nel caso in cui questi deduca e dimostri la sussistenza di serie ragioni familiari
- La comunicazione del trasferimento del lavoratore, come pure la richiesta Idei motivi e la relativa risposta, non sono soggetti ad alcun onere di forma salvo che sia contestata la legittimità del trasferimento .
La corte territoriale quindi ha errato nel ritenere insussistenti le ragioni tecniche, organizzative e produttive che giustificavano il provvedimento senza consentire alla società di fornirne la prova e statuendo l'illegittimità del provvedimento sulla base della violazione di regole procedurali dettate per altre fattispecie (legge n. 223 del 1991 in materia di licenziamenti collettivi) e non ricavabili dalla contrattazione collettiva applicata in azienda.