Il diritto alle ferie è irrinunciabile ma se il dirigente ha facoltà di scelta non puo chiedere l'indennità sostitutiva al momento della pensione. Lo afferma la corte di Cassazione nella ordinanza n. 15952 del 8 giugno 2021.
Vediamo piu in dettaglio le motivazioni fornite dalla Suprema Corte.
Il caso riguardava un dirigente Rai con contratto dei giornalisti professionisti che aveva chiesto oltre 500mila euro per indennita ferie non godute, mancati riposi e permessi . I ricorsi erano stati rigettati sia dal tribunale che dalla corte di Appello di Roma in quanto i giorni di ferie e permessi non erano stati usufruiti per volontà del lavoratore che non aveva dato riscontro agli inviti avanzati in tal senso dalla società Inoltre la posizione nell'ambito della struttura organizzativa era assimilabile a quella del dirigente ed egli non aveva provato l'esistenza di necessità aziendali assolutamente eccezionali ed ostative al godimento di ferie, riposi e permessi, ivi inclusi quelli straordinari .
Il giornalista ricorreva in cassazione affermando che
- non era mai stata affermata espressamente la libertà di programmarsi le ferie, diritto irrinunciabile in relazione al quale gravano sul datore di lavoro precisi obblighi
- l'orientamento giurisprudenziale in materia di ferie con riguardo al dirigente o posizione assimilata esclude che sussista una presunzione, per tutti i dirigenti, di piena autonomia decisionale nella scelta del sé e del quando godere delle ferie, dovendo pur sempre dimostrare, il datore di lavoro, che il dirigente è autorizzato
- società non aveva contestato la domanda concernente i permessi straordinari (spettanti in misura di cinque giorni lavorativi complessivi all'anno ex art. 23 c.c.n.l. giornalisti);
- dalla data di cessazione del rapporto per pensionamento (1.8.2009) non era scattata la prescrizione, decennale, del diritto all'indennità sostitutiva delle ferie, che comincia a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro;
La corte ha confermato la sentenza di appello ricordando
sul principio della irrinunciabilità del riposo annuale sancito dalla Carta Costituzionale, dal d.lgs. n. 66 del 2003 nonchè dall'art. 7 della direttiva 2003/88/CE e il divieto di monetizzazione è evidentemente finalizzato a garantire il godimento effettivo delle ferie e l'eccezione al principio opera nei soli limiti delle ferie non godute relative al periodo ancora pendente al momento della risoluzione del rapporto ma , specifica la corte , è necessario che il mancato godimento delle ferie sia derivato da causa imputabile allo stesso datore di lavoro; questa condizione non si verifica nel caso in cui il lavoratore, per la posizione apicale senza condizionamento alcuno da parte del titolare dell'impresa, non lo eserciti.
Per quanto riguarda le condizioni che devono ricorrere affinché possa trovare applicazione l'orientamento giurisprudenziale sopracitato la corte ricorda che e "ex art. 2697 cpv. c.c. il potere - in capo al dirigente - di scegliere da se stesso tempi e modi di godimento delle ferie costituisce eccezione da sollevarsi e provarsi a cura del datore di lavoro, mentre l'esistenza di necessità aziendali assolutamente eccezionali e obiettive, ostative alla fruizione di tali ferie, integra controeccezione da proporsi e dimostrarsi a cura del dirigente." (Cass. 14.3.2016 n. 4920).
Infine in questo caso specifico la regola di riparto dell'onere probatorio è priva di rilevanza, perchè la Corte territoriale ha respinto la domanda avendo ritenuto accertato il potere di autodeterminazione sulla base delle ammissioni formulate dallo stesso lavoratore.