L'istante è una società che si occupa dello sviluppo di software per pagamenti online tramite carte di credito e di debito, e ha necessità di mettere in contatto i venditori di beni e servizi chiamati merchant con i potenziali clienti, facilitando il pagamento da parte di questi ultimi, secondo le seguenti modalità operative:
- dopo che il cliente ha acquistato dal merchant un prodotto/servizio ed ha inserito una carta di pagamento, subisce l'addebito solo di un terzo dell'importo totale,
- entro i 60 giorni successivi viene addebitata la restante parte in due tranches,
- al termine della transazione, la Società acquista un credito commerciale pro-soluto per un prezzo pari al valore delle restanti due tranches di pagamento del cliente.
L'Istante non applica alcun tasso d'interesse al cliente e non applica nessun tasso di sconto sul prezzo d'acquisto del credito commerciale, ma addebita esclusivamente una fee al venditore per quanto riguarda il processing del pagamento con carta.
L'istante si definisce un "facilitatore nella dilazione di pagamento offerta al cliente finale dal merchant, agevolando l'incasso del credito residuo vantato da quest'ultimo".
La società chiede un parere generale sulla corretta impostazione dal punto di vista tributario delle operazioni poste in essere ossia chiede di conoscere il trattamento IVA da applicare alle fee che percepisce.
Con Risoluzione del 24 maggio 2021 n 35 le Entrate chiariscono che in base a precedenti documenti di prassi le operazioni di cui si tratta sono esenti IVA.
L'agenzia specifica che il caso in oggetto è riconducibile a quanto chiarito con i seguenti provvedimenti :
- la risoluzione n. 32/E dell'11 marzo 2011, che a sua volta richiama, confermandone la validità,
- la risoluzione n. 139/E del 17 novembre 2004.
In quest'ultima risoluzione, in particolare, si chiarisce che nel nostro ordinamento:
- la cessione del credito (pro solvendo e pro soluto)
- e il factoring
hanno finalità e natura finanziaria secondo quanto previsto nel Testo unico in materia bancaria (di cui al decreto legislativo 1°settembre 1993, n. 385, c.d. TUB).
La risoluzione n. 32/E del 2011 precisa che "se la causa del contratto consiste nell'ottenere da parte del prestatore una gestione dei crediti rivolta essenzialmente al recupero degli stessi, l'operazione è da qualificare come recupero crediti e come tale imponibile ai fini IVA. Di contro, qualora il creditore, con la stipula di un contratto di factoring, vuole ottenere un finanziamento (in pratica, una monetizzazione anticipata dei propri crediti), per il quale paga una commissione che si atteggia, in linea di principio, alla stregua di un pagamento di interessi (essendo solitamente quantificata in una percentuale dell'ammontare dei crediti ceduti), allora appare evidente che il factoring costituisce una vera e propria operazione finanziaria esente da IVA. In tale ipotesi, la presenza di clausole diverse, pro soluto o pro solvendo, non incide sulla natura finanziaria del contratto ma, verosimilmente, solo sulla determinazione della commissione". (parere conforme ai principi interpretativi enunciati con la sentenza della Corte di Giustizia 28 ottobre 2010, causa C-175/09)
La medesima risoluzione fornisce alcuni criteri, non esaustivi, da applicare al fine di accertare la causa del contratto e comprenderne quindi il corretto trattamento IVA.
In particolare, essa chiarisce che:
"nelle operazioni di factoring si verifica la cessione della titolarità del credito, a nulla rilevando il fatto che il cedente sia liberato dal rischio del buon fine dell'operazione (cessione prosoluto) ovvero non lo sia (cessione pro-solvendo) (...).
La causa finanziaria delle operazioni di factoring è confermata dal fatto che il cessionario versa una somma di denaro al cedente all'atto della cessione del credito, consentendo a quest'ultimo di ottenere la trasformazione del credito in attività liquide prima della scadenza naturale del credito o comunque prima della data di presumibile incasso. (...).
Laddove in applicazione dei principi sopra illustrati la fattispecie sia riconducibile ad un contratto di factoring, il compenso del factor, costituito dalla differenza tra il valore nominale del credito e le somme anticipate, è assoggettato al regime di esenzione, a prescindere dalla circostanza che il compenso del factor venga eventualmente scomposto tra commissioni ed interessi ovvero venga previsto un unico compenso in cui la componente "commissioni" risulti prevalente rispetto alla componente "interessi", determinata in base a parametri di riferimento mediamente praticati sul mercato ovvero in base ad altri criteri. Quando il factor non ha il diritto di rivalersi in capo al cedente per l'insolvenza del debitore ceduto (n.d.r. ipotesi dell'inserimento della clausola prosoluto), emerge con maggiore forza la differenza rispetto alla prestazione di recupero crediti in virtù della quale il prestatore riversa le somme al creditore soltanto dopo la effettiva riscossione del credito".
Le descritte caratteristiche sono rinvenibili nella fattispecie oggetto del presente interpello, in quanto:
- in base all'articolo 4.3 del "Contratto di cessione crediti", la Società " diventa a tutti gli effetti proprietaria dei crediti ceduti che la parte cedente garantisce essere esistenti ex comma 1 art. 1266 c.c.", assumendo quindi la titolarità del credito;
- l'Istante versa una somma di denaro al merchant all'atto della cessione del credito, consentendo a quest'ultimo di ottenere la trasformazione del credito in attività liquide prima della scadenza naturale del credito o comunque prima della data di presumibile incasso. Tale circostanza specifica l'agenzia si evince anche dall'"Esempio negoziazione crediti", nel quale l'Istante afferma che "gli importi relativi ai crediti vengono immediatamente versati sul conto di moneta elettronica intestato al venditore online e successivamente trasferiti sul conto corrente a lui intestato a mezzo bonifico bancario in data (...), in forma aggregata per un importo totale di (...)";
- la commissione spettante alla Società è quantificata in termini percentuali sui volumi di denaro transati sulla piattaforma e l'aliquota viene negoziata con il merchant al momento del convenzionamento, tenendo conto di alcuni fattori quali il rischio d'insoluto legato al settore in cui opera il merchant e il volume d'affari gestito dallo stesso.
Pertanto, il servizio prestato dall'Istante, il cui corrispettivo è rappresentato dalla fee, rientra quindi nel novero dell'articolo 10, primo comma, n. 1), del Decreto IVA, secondo cui sono esenti da IVA "le prestazioni di servizi concernenti la concessione e la negoziazione di crediti, la gestione degli stessi da parte dei concedenti e le operazioni di finanziamento; l'assunzione di impegni di natura finanziaria, l'assunzione di fideiussioni e di altre garanzie e la gestione di garanzie di crediti da parte dei concedenti; le dilazioni di pagamento, le operazioni, compresa la negoziazione, relative a depositi di fondi, conti correnti, pagamenti, giroconti, crediti e ad assegni o altri effetti commerciali, ad eccezione del recupero di crediti; la gestione di fondi comuni di investimento e di fondi pensione di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, le dilazioni di pagamento e le gestioni similari e il servizio bancoposta"