Con Risposta a interpello n 296 del 27 aprile 2021 le Entrate chiariscono che, nel caso del telelavoro svolto da un cittadino residente nel Regno Unito "anche se i risultati della prestazione lavorativa sono utilizzati in Italia, la tassazione del reddito deve avvenire solo nel Regno Unito, Paese in cui il telelavoratore è fisicamente presente e fiscalmente residente quando svolge la propria attività lavorativa"
L'Istante è una ditta che opera nel settore del software e dei servizi connessi, riferisce di aver assunto un lavoratore al quale ha concesso la temporanea possibilità di svolgere la sua attività in telelavoro nello Stato di residenza (Regno Unito).
In particolare, il lavoratore dipendente, cittadino italiano iscritto all'AIRE è stato assunto alle dipendenze dell'Istante concordando che l'attività lavorativa sarebbe stata svolta presso la sede sociale di Genova. In seguito alla richiesta avanzata dal lavoratore l'Istante gli ha riconosciuto la possibilità di lavorare in telelavoro presso la propria abitazione nel Regno Unito fino al 31 luglio 2021.
L'attività di lavoro è svolta con il personal computer dell'azienda, attraverso una connessione alla rete informatica dell'azienda, operando direttamente su archivi creati o presenti nei server presso la sede dell'Istante.
L'Istante ha chiesto di conoscere se, per gli emolumenti erogati a fronte delle prestazioni svolte nella modalità del telelavoro da parte del dipendente residente in un Paese estero (Regno Unito) con il quale è in vigore la Convenzione per evitare la doppia imposizione
- sia obbligata, ai sensi dell'articolo 23 del DPR N 600/73 a effettuare le ritenute a titolo d'acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche
- ovvero se, in base alle disposizioni contro la doppia imposizione, detti emolumenti non siano fiscalmente rilevanti in Italia e quindi non soggetti alle predette ritenute.
L'agenzia delle entrate specifica che:
- in base all'ordinamento interno, l'articolo 23, comma 2, lettera c), del TUIR stabilisce che si considerano prodotti in Italia «i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato».
- in base alla disciplina convenzionale, l'articolo 15 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Regno Unito, sottoscritta il 21 ottobre 1988 e ratificata con legge 5 novembre 1990, n. 329 prevede, al paragrafo 1, che «i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un'attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell'altro Stato contraente. Se l'attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato».
In pratica si prevede la tassazione esclusiva dei redditi da lavoro dipendente nello Stato di residenza del beneficiario, a meno che l'attività lavorativa, a fronte della quale sono corrisposti i redditi, sia svolta nell'altro Stato contraente: ipotesi in cui i predetti emolumenti sono assoggettati a imposizione concorrente in entrambi i Paesi.
Nel caso di specie, ai fini della corretta tassazione occorre capire cosa si intende per "luogo di prestazione" dell'attività lavorativa, nella particolare ipotesi di svolgimento della prestazione medesima nella modalità del telelavoro.
L'agenzia fornisce nel rispondere un riferimento interpretativo dato dal commentario all'articolo 15, paragrafo 1, del modello OCSE di convenzione per eliminare le doppie imposizioni, secondo il quale per individuare lo Stato contraente in cui si considera effettivamente svolta la prestazione lavorativa, bisogna avere riguardo al luogo dove il lavoratore dipendente è fisicamente presente quando esercita le attività per cui è remunerato.
Si aggiunge che il reddito percepito dal lavoratore dipendente non può essere assoggettato a imposizione nell'altro Stato contraente, anche se i risultati della prestazione lavorativa sono utilizzati in detto Stato.
Pertanto, anche se i risultati della prestazione lavorativa sono utilizzati in Italia, la tassazione del reddito deve avvenire solo nel Regno Unito, Paese in cui il telelavoratore è fisicamente presente e fiscalmente residente quando svolge la propria attività lavorativa.
L'agenzia conclude chiarendo che non avendo i predetti emolumenti rilevanza fiscale in Italia, l'Istante, nella qualità di sostituto d'imposta, potrà:
- applicare direttamente, sotto la propria responsabilità, il regime convenzionale, non operando le ritenute alla fonte ai sensi dell'articolo 23
- previa presentazione da parte del telelavoratore di idonea documentazione volta a dimostrare l'effettivo possesso di tutti i requisiti previsti dalla Convenzione per beneficiare del regime di esenzione (Risoluzioni 12 luglio 2006, n. 86; 3 maggio 2005, n. 56; 24 settembre 2003, n. 183; 24 maggio 2000, n. 68; 10 giugno 1999, n. 95).