Siamo ormai quasi al traguardo per l’approvazione in Consiglio dei Ministri del PNRR, il famoso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che segnerà, quanto meno sulla carta, le linee guida per l’ammodernamento del paese.
Negli ultimi giorni ha fatto molto discutere un piccolo punto programmatico, attualmente presente nella bozza del PNRR, riportato anche sulle più importanti testate giornalistiche nazionali, che riguarda i professionisti: “la riforma prevede la semplificazione delle procedure per l’abilitazione all’esercizio delle professioni, rendendo l’esame di laurea coincidente con l’esame di stato, con ciò rendendo semplificando e velocizzando l’accesso al mondo del lavoro da parte dei laureati”.
Si tratterebbe di una rivoluzione copernicana del mondo delle professioni, per le quali, stando al tenore letterale del documento, difficilmente equivocabile, l’esame di stato risulterebbe incorporato nell’esame di di laurea e, di conseguenza, le lauree diventerebbero dei percorsi auto-abilitanti per l’esercizio delle professioni alle quali permettono l’accesso.
Con ogni probabilità ad una professione riuscirebbe ad accedere una platea molto più ampia di persone e probabilmente dopo un percorso meno qualificante rispetto a quello odierno (ma non a tutti quelli passati); però, se si guarda alla questione solo in funzione degli obiettivi programmati, cioè semplificare e velocizzare l’accesso al mondo del lavoro da parte dei laureati, non si può non ammettere che l’obiettivo sarebbe, con ogni probabilità, perseguito.
Uno degli aspetti che più ha fatto discutere della questione riguarda il suo perimetro d’applicazione: dal testo, prima citato, non si evince, ma sulle pagine digitali dell’Huffpost si legge una dichiarazione del sottosegretario alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, il quale precisa che “l’ipotesi di lauree idonee da sole a far conseguire abilitazioni professionali non trova applicazione né per gli avvocati né per altre categorie professionali come i commercialisti, gli ingegneri e i notai. Si tratta, infatti, di percorsi professionali che, per specificità, sono esclusi da tali eventuali ipotesi”.
È pur vero che l’idea di rendere abilitanti solo alcune lauree non è nuova, ma è figlia del contesto pandemico per rispondere con la massima celerità alla mancanza di alcune figure professionali (del comparto sanitario); però, è necessario precisare, che il testo attuale del Recovery plan, sopra riportato, in nessun modo lascia pensare alla possibilità che la previsione sia limitata solo ad alcune professioni, riferendosi, invece, chiaramente, alla loro generalità.
Che poi, ci si chiede, quale sarebbe il fondamento logico che giustificherebbe una tale disparità di trattamento tra professioni ordinistiche, superata una situazione di emergenza?