Con Risoluzione n 2/DF del 22 marzo 2021 il MEF Ministero dell'economia e delle finanze chiarisce quali sono i poteri del funzionario della riscossione in sede di esecuzione forzata.
In particolare, risponde ad un quesito con il quale si chiedeva se il funzionario della riscossione, qualora agisca in sede di esecuzione forzata, possa accettare il pagamento che il debitore esecutato offra di effettuare nelle sue mani, al fine di evitare il pignoramento, senza incorrere nella violazione della disposizione contenuta nell’art. 1, comma 788, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.
L'articolo 1 di cui si dice al comma 788 vieta espressamente l’attività di incasso diretto da parte dei soggetti cui gli enti locali hanno affidato la riscossione delle proprie entrate
( "Sono escluse le attività di incasso diretto da parte dei soggetti di cui all’articolo 52, comma 5, lettera b), numeri 1), 2) e 3)") a norma dell’art. 52, comma 5, lett. b) del D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
La risoluzione chiarisce che per rispondere al quesito e valutare se estendere o meno tale divieto ai funzionari della riscossione in sede di esecuzione foprzata, occorre richiamare l'art 1 comma 793 legge n 160/2019 che dispone che l’ente locale o il soggetto affidatario (di cui all’art. 52, comma 5, lett. b), del D. Lgs. n. 446 del 1997) nomina, con proprio provvedimento, uno o più funzionari responsabili della riscossione, i quali esercitano le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione.
L’art. 49 comma 3 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 stabilsce che le funzioni demandate agli ufficiali giudiziari sono esercitate dagli ufficiali della riscossione, con la conseguenza che:
- sia l’ufficiale che opera per conto dell’agente della riscossione,
- sia quello nominato dall’ente locale o dal suo soggetto affidatario,
nel momento in cui agiscono in sede di esecuzione forzata, sono titolari di funzioni proprie dell’ufficiale giudiziario e pongono in essere attività non riconducibili ai soggetti che li hanno nominati.
A sostegno di ciò si richiama l’art. 1, comma 792, lett. e), della legge n. 160 del 2019, in base al quale il soggetto legittimato sulla base del titolo esecutivo di cui alla lett. a), vale a dire l’accertamento esecutivo, procede ad espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previsti dalle disposizioni che disciplinano l'attività di riscossione coattiva.
A tale proposito la successiva lett. f) dispone che gli enti e i soggetti affidatari si avvalgono, per la riscossione coattiva delle entrate degli enti, delle norme di cui al titolo II del D.P.R. n. 602 del 1973, con l'esclusione di quanto previsto all'art. 48-bis del medesimo decreto n. 602 del 1973.
Qualora l’ufficiale della riscossione si trovi ad operare in sede di esecuzione forzata, lo stesso è tenuto ad applicare l’art. 494 del codice di procedura civile, il quale dispone che “il debitore può evitare il pignoramento versando nelle mani dell’ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l’importo delle spese, con l’incarico di consegnarli al creditore”.
In questa ipotesi l’ufficiale della riscossione deve astenersi dal compiere l’esecuzione consentendo al debitore di versare nelle sue mani la somma per cui si procede, con l’incarico di consegnarla al creditore ed evitando, in tal modo, il pignoramento.
Perciò nelle fattispecie sopra delineate, se l’ufficiale della riscossione sia un dipendente del soggetto affidatario, non può ritenersi violata la norma che vieta l’incasso diretto da parte del soggetto affidatario della riscossione proprio in virtù del fatto che, come già anticipato, il funzionario in questione, nel quadro della particolare funzione che si trova a svolgere, realizza un’attività che non può essere riferita al soggetto affidatario.