Il diverso trattamento dei licenziamenti illegittimi per contratti pre e post Jobs Act è compatibile con il diritto comunitario afferma la Corte di giustizia europea.
Lo speciale regime introdotto per il contratto a tutele crescenti dal Dlgs n. 23/2015 è giustificato in quanto tende ad incentivare i rapporti stabili.
Lo afferma la sentenza C652 19 ha risolve il dubbio posto dal Tribunale di Milano a seguito della vicenda di 350 lavoratori licenziati con procedura collettiva nel 2017 che avevano poi ottenuto l'accertamento di illegittimità del licenziamento.
Per uno di essi la tutela applicata dal tribunale di Milano era stata solo il risarcimento economico, in quanto il lavoratore era stato assunto con un contratto a tempo determinato trasformato poi in contratto a tempo indeterminato dopo l'entrata in vigore del dlgs 23 2015 , attuativo del Jobs act
Il Tribunale di Milano si chiedeva se l’esistenza di due regimi sanzionatori differenti che prevedono da un parte la reintegra obbligatoria, dall'altra l'indennità risarcitoria, per un licenziamento collettivo illegittimo , fosse compatibile con il Diritto Comunitario. La risposta della Corte è stata positiva.
Viene infatti chiarito che :
- la direttiva n. 98/59 sui licenziamenti collettivi, richiamata dal Tribunale di Milano, non è pertinente perché riguarda una procedura e non il criterio che alla base definisce i casi in cui essa vada applicata
- va fatto riferimento anche all' accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, e in questo senso la norma del Dlgs n. 23/2015, che assimila a una nuova assunzione la conversione di un contratto a termine in un rapporto a tempo indeterminato, grazie al regime delle “tutele crescenti”, non è contestabile in quanto offre al lavoratore una forma di stabilità dell’impiego. Siamo in un ambito di incentivazione all'occupazione stabile che per la Corte rientra in una legittiima possibilità di scelta degli stati membri.