Il patto di non concorrenza può essere valido anche se il corrispettivo concordato è indeterminato, sempre se determinabile sulla base di elementi oggettivi come il collegamento alla durata del rapporto.
È quanto afferma la Corte di Cassazione nell'ordinanza del 1° marzo 2021, n. 5540.
La decisione sconfessa la Corte di Appello di Milano che aveva dichiarato la nullità del patto per indeterminatezza del compenso ricevuto dalla lavoratrice alla cessazione del rapporto, come da orientamenti consolidati.
Il caso riguardava una lavoratrice per la quale il patto di non concorrenza prevedeva un corrispettivo minimo annuo sulla base del quale si sarebbe dovuto calcolare quanto dovuto alla fine del rapporto, in proporzione alla durata del rapporto stesso. La Corte di merito aveva ritenuto nullo il patto per la mancata predeterminazione del corrispettivo, giudicando il calcolo previsto del tutto incongruo; la motivazione ricalca un precedente del Tribunale di Perugia del 2018 in cui si affermava che il compenso per il patto di non concorrenza non può basarsi sull'anzianità del rapporto di lavoro (Vedi maggiori dettagli nell'articolo "Patto di non concorrenza nullo")
L'odinanza della Suprema Corte ricorda innanzitutto che ai fini della validità del patto, il giudice è chiamato a valutare due aspetti ben distinti:
- la determinatezza o meno del corrispettivo, a norma dell’articolo 1346 del Codice civile.
- la congruità del corrispettivo in quanto "adeguato al sacrificio imposto alla libertà del lavoratore alla cessazione del rapporto" art 1225 cc. Infatti solo un compenso che sia simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato al sacrificio del lavoratore può comportare la nullità.
Gli Ermellini affermano quindi che sul primo punto, la variabilità in relazione alla durata del rapporto di lavoro non comporta una impossibilità di determinarlo sulla base di parametri oggettivi e specificamente indicati nel contratto.
In secondo luogo si specifica che la congruità va valutata non in astratto ma al momento della determinazione del corrispettivo Si riconferma che se risultasse "manifestamente iniquo e sproporzionato rispetto al sacrificio imposto al lavoratore, il patto sarebbe meritevole della estrema sanzione di nullità".
Inoltre la Cassazione si sofferma sulla contraddittorietà della sentenza di merito, "tale da rendere non realmente comprensibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l'iter logico seguito" ; la Corte di Appello, infatti, ha prima ritenuto che "il patto in oggetto è nullo perché manca la determinazione o la determinabilità del corrispettivo riconosciuto a favore del lavoratore" ma, poi ammette che , "in caso di cessazione anticipata del rapporto di lavoro'', al dipendente spetti "quanto maturato in ragione d'anno o frazione" sulla base di un corrispettivo pattuito in 6.000,00 euro su base annua e, quindi, comunque determinabile.
Nel rinvio della sentenza a un diverso giudice di appello si raccomanda quindi che si proceda ad un nuovo esame valutando distintamente la questione della nullità per mancanza del requisito di determinatezza o determinabilità del corrispettivo pattuito tra le parti e, poi, verificando che il compenso, come determinato o determinabile, non fosse simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato, in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore, alla riduzione delle sue possibilità di guadagno.