L'Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la Circolare n. 1 dell'8 febbraio 2021, interviene negando definitivamente la facolta di interdire l'applicazione del lavoro intermettente, da parte dei contratti collettivi nazionali di lavoro.
Di fatto l'istituto si adegua alle recenti sentenze giurisprudenziali e in particolare alla Sentenza della Corte di Cassazione n. 29423 del 13 novembre 2019, che aveva stabilito che dalla normativa vigente non si evince l'affidamento alle parti sociali della possibilità di definire il ricorso al lavoro intermittente, ma solo la possibilità di elencarne i casi di utilizzo. La posizione ministeriale invece era stata finora ondivaga .
La Cassazione nella sentenza aveva infatti ricordato che la normativa, fin dalla sua istituzione, demanda alla contrattazione collettiva l’individuazione delle esigenze per le quali era consentita la stipula, ma in caso di assenza di previsioni dei CCNL, fa ancora testo il D.M. 23 ottobre 2004, non piu aggiornato, che a sua volta fa riferimento alle attività indicate nella tabella allegata al R.D. 2657/1923. Questa interpretazione era anche confermata dall’interpello dell'ispettorato n. 10/2016. Nel ricorso in questione pero si faceva riferimento anche alla nota n. 18194 del 4 ottobre 2016 in cui la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, rispondendo alla richiesta di parere della DTL di Trieste e Gorizia, aveva evidenziato la "illeceità dell’utilizzo di questa tipologia contrattuale qualora sia espressamente vietato, dalle parti sociali, nella contrattazione collettiva di categoria, in ragione della mancata individuazione delle ragioni e delle esigenze produttive, così come previsto dall’articolo 13 del Decreto legislativo n. 81/2015".
Ora invece il Ministero del Lavoro rispondendo ad un quesito riferito all'utilizzo del lavoro intermittente nel settore del trasporto, invita i propri ispettori a "non tener conto, nell’ambito dell’attività di vigilanza, di eventuali clausole sociali che si limitino a “vietare” il ricorso al lavoro intermittente. In tali casi – ferme restando le indicazioni già fornite in altre occasioni in ordine all’inefficacia delle clausole contrattuali in materia di lavoro intermittente da parte di contratti sottoscritti da soggetti privi del requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi – occorrerà quindi verificare se il ricorso al lavoro intermittente sia invece ammissibile in virtù della applicazione delle ipotesi c.d. oggettive individuate nella tabella allegata al R.D. n. 2657 del 1923 ovvero delle ipotesi c.d. soggettive, ossia “con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni”.
Sul caso specifico poi la circolare afferma che l’attuale contrattazione collettiva di settore non contiene specifiche previsioni in ordine alla individuazione delle “esigenze” per le quali è consentita la stipula del contratto intermittente. Di conseguenza – ferma restando l’eventuale presenza di ipotesi c.d. soggettive – si deve fare riferimento alla citata tabella allegata al R.D. n. 2657 del 1923 che, tra le attività da considerare di carattere discontinuo annovera, al punto 8, quella del “personale addetto al trasporto di persone e di merci: personale addetto ai lavori di carico e scarico, esclusi quelli che a giudizio dell’ispettorato dell’industria e del lavoro non abbiano carattere di discontinuità”