Non è fatto raro che due coniugi, a causa di divergenti esigenze lavorative, risiedano stabilmente in due comuni diversi, persistendo comunque il legame coniugale e l’unità del nucleo familiare.
In questi casi, ai fini IMU (Imposta Municipale Unica), finora è stata riconosciuta, ad entrambi i coniugi, la possibilità di godere delle agevolazioni previste per l’abitazione principale, ognuno per l’immobile in cui ha l’effettiva dimora e la relativa residenza anagrafica.
Il riconoscimento dell’esenzione, è opportuno puntualizzarlo, non è basato sul nulla, anzi: il MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze), in occasione della Circolare n.3/DF del 18 maggio 2012, dedicata per intero all’IMU, ha precisato che, a differenza del caso in cui due coniugi risiedano in due diversi immobili all’interno dello stesso comune, per il quale non è possibile usufruire più di una esenzione come abitazione principale per la medesima unità familiare, “il legislatore non ha, però, stabilito la medesima limitazione nel caso in cui gli immobili destinati ad abitazione principale siano ubicati in comuni diversi, poiché in tale ipotesi il rischio di elusione della norma è bilanciato da effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune, ad esempio, per esigenze lavorative”.
Per quanto l’interpretazione del MEF sia esplicita e chiara, denota anche il fatto che questa non si basa su una norma che permette l’esenzione, per questi casi, ma sulla mancanza di una norma che la vieti espressamente.
Nelle pieghe delle mancanze normative si annida il contenzioso, questo genera giurisprudenza, e quando questa arriva ai livelli più alti, colma le mancanze della norma.
Per il caso in esame, quello dei due coniugi che risiedono in due diversi immobili in due diversi comuni, la giurisprudenza è ormai consolidata; la Corte di Cassazione, con numerose ordinanze, tutte concordi, disconosce l’interpretazione precedentemente data dal ministero. Dell'ordinanza numero 20130 del 24 settembre 2020 si era già parlato nell'articolo IMU: nessuna agevolazione se i coniugi risiedono in due comuni diversi, e sono sulla medesima linea le ordinanze numero 4166 del 19 febbraio 2020 e numero 4170 del 19 febbraio 2020, sempre in tema di IMU; senza dimenticare quelle, come la numero 28534 del 15 dicembre 2020, che, anche se relative all'ICI (Imposta Comunale sugli Immobili), richiamano le stesse definizioni.
I giudici di legittimità, per l’interpretazione del punto in questione, si basano proprio sulle parole scritte sul DL 201/2011, convertito con modificazioni dalla Legge 214/2011, il quale, al comma 2, prevede che “l'imposta municipale propria non si applica al possesso dell'abitazione principale e delle pertinenze della stessa [...]. Per abitazione principale si intende l'immobile […] nel quale il possessore ed il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”. Partendo dalla norma, così esposta, la corte ha, più volte e concordemente, ritenuto che l’abitazione principale, esente dall’imposta, debba essere quell’immobile in cui dimora e risiede anagraficamente il contribuente insieme alla sua famiglia. Mancando per entrambi i coniugi, nel caso in cui questi risiedano in due comuni diversi, il requisito dell’unitarietà della dimora e della residenza dell’intero nucleo familiare nella medesima abitazione, secondo la corte, viene meno il presupposto per qualificare entrambi gli immobili come abitazioni principali, e di conseguenza non potranno godere delle relative esenzioni previste dalla normativa.
Come quasi sempre, quando si discute di diritto tributario italiano, non mancano ragionevoli voci di perplessità, ma, alla luce della consolidata linea giurisprudenziale dettata, in modo continuato e coerente, dalla suprema corte, a meno di un futuro e diverso intervento del Legislatore sul tema, oggi questa interpretazione non può essere ignorata; anche quando il contribuente vorrà basarsi sull’interpretazione del MEF, dovrà tenere in considerazione che, in sede di contenzioso, con ogni probabilità rappresenterà la parte soccombente.
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