Una delle situazioni più comuni che interessano il termine della fase di liquidazione di una società di capitali, è quella, molto frequente, in cui la società ha completato la procedura di monetizzazione delle attività ed estinzione delle passività, ad eccezione che per alcuni crediti di imposta (di solito IVA o IRES). Considerando le tempistiche con cui il fisco italiano è abituato a liquidare questi crediti, di solito le società, nonostante ciò, decidono di terminare la procedura di liquidazione depositando il bilancio finale e cancellando l’impresa dal suo registro, estinguendo così la società.
Il problema che successivamente si pone è come riuscire ad ottenere tale rimborso dall’Agenzia delle Entrate, dato che, una volta estinto il soggetto giuridico, il suo liquidatore termina il mandato e non ha più la sua rappresentanza (anche perché non è possibile avere la rappresentanza giuridica di un soggetto estinto). Chi è legittimato a richiedere i crediti erariali a rimborso?
La soluzione più pratica al problema, adottata da molti liquidatori previdenti, nel fortunato caso in cui sia rimasto dell’attivo da ripartire al termine della procedura e uno dei soci abbia dato la sua disponibilità, è quella di assegnare ad uno solo dei soci il credito tributario in sede di Piano di riparto, in base al quale l’ormai ex socio dovrebbe poter richiedere la corresponsione dell’intero credito assegnatogli. Ma non sempre questa soluzione è praticabile, per molti motivi, e in tal caso la riscossione del credito da parte dei soci si complica.
La recente Sentenza della Corte di Cassazione civile sezione 5 numero 19641 pubblicata il 21 settembre 2020, tratta proprio di questa problematica e, bisogna dire, finalmente si impone con chiarezza su un vuoto normativo che, finora, è stato utilizzato dall’amministrazione finanziaria dello Stato per complicare la liquidazione delle imposte a credito dovute nella fattispecie esaminata.
Con la sentenza di cui sopra sono finalmente posti dei paletti chiari e definiti su una questione decisamente opaca.
La sentenza ci spiega che, nel momento in cui la società è estinta, perdendo la sua personalità giuridica, i suoi crediti e debiti da in capo a essa passano direttamente in capo ai soci con “un fenomeno riconducibile nell’ambito della comunione ereditaria”.
Quindi, in una tale situazione, anche il credito erariale non dovrà essere considerato come diviso tra gli ex soci, ma sarà un unico credito in regime di comunione indivisa; in conseguenza di ciò, deve essere “riconosciuto a ciascuno dei partecipanti il diritto di agire autonomamente per fare valere l’intero credito comune”.
Con maggiore precisione, essendo il credito in proprietà indivisa, ognuno degli ex soci “è legittimato […] a far valere il diritto al rimborso del credito IVA per la totalità e non solo pro quota” (la sentenza è in tema di IVA, ma le considerazioni espresse possono essere estese a qualsiasi credito erariale), in quanto agisce nell’interesse della cosa comune: la ripartizione tra gli ex soci comproprietari sarà una questione successiva e interna ai rapporti tra questi, che non rileva però per il debitore, il quale dovrà corrispondere l’intero importo anche a uno solo dei degli ex soci.
Infine la sentenza ribadisce “che l’attività del liquidatore è confinata alla fase di esistenza della società e nei cui cui confronti non si realizza alcuna forma di successione”: questi, quindi, non potrà richiedere il rimborso del credito erariale (e di nessun altro credito) dopo l’estinzione della società, in quanto privo della rappresentanza necessaria, per estinzione del rappresentato.
In definitiva, in base alla Sentenza della Corte di Cassazione civile sezione 5 numero 19641 pubblicata il 21 settembre 2020, a meno che il piano di riparto non disponga diversamente, il diritto al rimborso dei crediti erariali di una società estinta spetta a ciascun ex socio per l’intero credito, e mai al liquidatore.
La sentenza in trattazione si apprezza per il fatto di aver fatto chiarezza su alcune zone di grigio su cui si annidava spesso l’ostruzionismo del debitore; tuttavia, da un punto di vista tecnico e dottrinale, sarebbe stato ancora più utile conoscere anche il rapporto di collegamento tra la capacità espressa di ogni socio a richiedere il credito e le diverse configurazioni di ripartizione possibili in sede di Piano di riparto.