Nel caso di un capannone strumentale allo svolgimento dell'attività dell’azienda, l'Imu versata nel 2012 è un costo direttamente afferente l’attività, conseguentemente è da considerarsi deducibile dalla base imponibile Ires ed Irap.
Questa è la conclusione alla quale è giunta la consulta con la sentenza n. 262 del 4 dicembre 2020.
In realtà potrebbe non apparire una vera novità l’oggetto della citata sentenza ed in effetti così è, in quanto la norma relativa all’imu sugli immobili strumentali ha subito un andamento non propriamente lineare col passare degli anni.
Giusto per analizzare solo gli estremi di tale normativa, relativa alla deducibilità sulla tassa di possesso degli immobili, basti osservare che fino all’anno d’imposta 2012 (anno, per altro oggetto della sentenza) non poteva essere dedotta l’imu versata sul possesso di un immobile strumentale.
Successivamente, l’art. 1, comma 715, della legge n. 147 del 2013, ha disposto gradualmente la parziale, poi totale, deducibilità dell’IMU relativa agli immobili strumentali, nonchè ha disposto che la stessa avesse effetto «a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013».
Oggi, per contro, a seguito delle varie modifiche succedutesi, l’ultima delle quali ad opera dell’art. 1, co. 4, 772 e 773, L. 160/2019, la non deducibilità si è trasformata in una deducibilità modulata come segue:
- 50 per cento per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018;
- 60 per cento per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019;
- 60 per cento per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020;
- 100 per cento per i periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2021.
A fronte della richiesta presentata la Corte Costituzionale dichiara con la sentenza in esame la illegittimità costituzionale dell’art. 14, co. 1, DLgs 23/2011 nella sua formulazione originaria, ante 2013, che prevedeva la non deducibilità dell’imposta sul possesso degli immobili sia dalle imposte sui redditi che dall’Irap.
Le motivazioni della decisione sono sostanzialmente le seguenti:
- L’imu rappresenta comunque un onere direttamente afferente l’attività svolta dall’azienda,
- facendo riferimento all’art. 99, co. 1, TUIR (Oneri fiscali e contributivi), la norma sancisce in via generale il principio della deducibilità delle imposte dal reddito, stabilendo che le uniche NON ammesse in deduzione sono:
- le imposte sui redditi,
- quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa.
Le altre imposte sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento. Cioè deducibili secondo il principio di cassa.
L’imu, chiaramente non è nè un’imposta sul reddito prodotto (ma sul possesso) nè un’imposta per la quale è previsto il meccanismo della rivalsa.
In questa prospettiva, per la Corte Costituzionale l’IMU rappresenta un onere certo e inerente, costituendo un costo assimilabile ad un ordinario fattore della produzione a cui l’imprenditore non può sottrarsi (un pò come l’acquisto di merci per la produzione).
L’aspetto che lascia, forse, perplessi è costituito dal fatto che la formulazione della norma prevede la totale e integrale deducibilità imu solo dal 2021, ciò potrebbe aprire la strada all’incostituzionalità di tutte le norme successive a quella oggetto della sentenza n. 262 in questione. In merito la Corte costituzionale, sostenendo per contro la legittimità della deducibilità parziale, si giustifica con due ordini di motivi:
- oggetto della pronuncia di illegittimità è stata la norma ante 2012 e non le successive,
- relativamente alla parziale deducibilità stabilita dal Legislatore per gli anni successivi, è palese una volontà del Legislatore stesso di voler giungere gradualmente all’integrale deduzione della posta, non è quindi ravvisabile l’intento contrario.