Continuano le risposte dell'Agenzia in tema di incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero, nota come "rientro dei cervelli" riservata a docenti e ricercatori .
Consiste, ricordiamo nella detassazione del 90% degli emolumenti percepiti per l’attività di lavoro dipendente o lavoro autonomo e spetta se il soggetto è in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e se
- è stato non occasionalmente residente all’estero
- ha svolto la propria attività all'estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni consecutivi
- trasferisce la residenza fiscale in Italia per svolgervi la propria attività.
Con Risposta a interpello n 274 del 26 agosto 2020 l’Agenzia delle Entrate afferma che dato che l'art 44 del DL n 78 del 2010 ( modificato dall’art 5 del DL n 34 del 2019 convertito dalla Legge n 58/2019) non precisa nulla in merito al datore di lavoro italiano si deduce che l’attività di ricerca in Italia può essere svolta indifferentemente presso:
- una università pubblica o privata o
- un centro di ricerca pubblico o privato o
- un impresa o un ente che disponga di strutture organizzative finalizzate alla ricerca ( cfr. circolare n 22/2004)
- ricordando le condizioni oggettive e soggettive che consentono di usufruire del beneficio fiscale.
Nel caso di specie il ricercatore era iscritto all'AIRE e ha svolto attività di ricerca per una azienda farmaceutica, vuole però rientrare in Italia spostando la sua residenza per esercitare una stessa attività per datore di lavoro italiano; chiedeva quindi chiarimenti sui requisiti del datore di lavoro .
Ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia nel 2019 l’agevolazione spetta a partire dal periodo di imposta 2020 e nei cinque periodi di imposta successivi a condizione che permanga la residenza in Italia.L’agevolazione è estesa per dieci anni se il soggetto in questione abbia due figli minorenni o comunque a carico anche se affidatari in attesa di adozione.È bene precisare che per quanto riguarda il concetto di residenza fiscale la norma fa riferimento al concetto di residenza citato nell’art.2 del TUIR il quale considera residenti in Italia le persone che :
- per la maggior parte del periodo d'imposta (183 giorni o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente
- hanno nel territorio dello Stato la residenza o il domicilio ai sensi del codice civile.
Le condizioni appena indicate sono tra loro alternative; pertanto, la sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
Con la successiva risposta n. 307 del 3 settembre 2020 a un ricercatore di cittadinanza straniera, si ribadisce quanto contenuto nell'interpello 274 e viene invece anche specificato un altro aspetto ovvero il fatto che la norma non richiede la cittadinanza italiana o la precedente residenza in Italia , infatti si afferma: "La disposizione non si rivolge soltanto ai cittadini italiani che intendono rientrarein Italia, ma interessa in linea generale tutti i ricercatori residenti all'estero, che trasferendosi nel territorio nazionale possono favorire lo sviluppo della ricerca in Italiain virtù delle loro particolari conoscenze scientifiche".