ll criterio che collega l'indennità di licenziamento nullo per vizio di procedura, all'anzianità di servizio del lavoratore , è incostituzionale.
Lo ha affermato la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 150 depositata il 16 luglio 2020, riguardante in particolare l’articolo 4 del decreto legislativo n. 23/2015, ex art. 2, comma 2, della legge n. 604/1966, o della procedura ex art. 7 della legge n. 300/1970, che prevede una indennità “di importo pari ad una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio“.
La Consulta afferma infatti che commisurare in questo modo l’indennità da corrispondere per i licenziamenti viziati sotto il profilo formale o procedurale , di fatto " svaluta la funzione di garanzia di fondamentali valori di civiltà giuridica, orientati alla tutela della dignità della persona del lavoratore» rivestita da tali procedure .
La sentenza n. 150 ha accolto sulla questione le perplessita sollevate dai Tribunali di Bari e di Roma sul carattere rigido e uniforme dell’indennità, fissata appunto in una mensilità per ogni anno di servizio . Viene osservato cio determina «un’indebita omologazione di situazioni che, nell’esperienza concreta, sono profondamente diverse» e si pone dunque in contrasto con il principio di eguaglianza.
Inoltre viene violato il principio di ragionevolezza, che si esprime come esigenza di una tutela adeguata: occorre attribuire «il doveroso rilievo al fatto, in sé sempre traumatico, dell’espulsione del lavoratore».
Non è giusto in sostanza che nei casi di anzianità modesta venga ridotta la compensazione per il lavoratore e ugualmente venga ridotta la funzione deterrente affidata a questa tutela.
Secondo la Corte il giudice, nel rispetto delle soglie oggi fissate dal legislatore, deve determinare l’indennità tenendo conto "anche altri criteri desumibili dal sistema, che concorrano a rendere la determinazione dell’indennità aderente alle particolarità del caso concreto».
Infine , anche in continuita con la precedente sentenza n. 194 del 2018, che ha dichiarato l’incostituzionalità del meccanismo di determinazione del risarcimento per i licenziamenti privi di giusta causa o di giustificato motivo oggettivo,(sempre redivante dal Jobs Act) viene espressa la raccomandazione al legislatore a «ricomporre secondo linee coerenti una normativa di importanza essenziale, che vede concorrere discipline eterogenee, frutto dell’avvicendarsi di interventi frammentari».