E' stata pubblicata , come preannunciato , la circolare INAIL n. 22 del 20 maggio 2020 che chiarisce la tutela per l'infezione da Covid 19 assicurata ai lavoratori dal decreto legge Cura Italia e già illustrata nella circolare del 3 aprile 2020 N. 13. Il nuovo intervento si è reso necessario per le proteste dettate dai timori dei datori di lavoro riguardo la possibile colpa a carico delle aziende in relazione alla tutela infortunistica .
L'istituto rassicura i datori di lavoro e ricorda che l’articolo 42, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 al comma 2 dispone:” che nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’Inail che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni Inail nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per biologici se contratte in occasione di lavoro, è tutelata dall’Inail quale infortunio sul lavoro e ciò anche nella situazione eccezionale di pandemia causata da un diffuso rischio di contagio in tutta la popolazione.
Si tratta della riaffermazione di principi vigenti da decenni, , afferma l'INAIL, nell’ambito della disciplina speciale infortunistica, confermati dalla scienza medico-legale e dalla giurisprudenza di legittimità in materia di patologie causate da agenti biologici.
Le patologie infettive (vale per il COVID-19, così come per l’epatite e altre) contratte in occasione di lavoro sono da sempre, infatti, inquadrate e trattate come infortunio sul lavoro poiché la causa virulenta viene equiparata alla causa violenta propria dell’infortunio, anche quando i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo.
In secondo luogo la norma dispone che l’indennità per inabilità temporanea assoluta copre anche il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria (ovviamente sempre che il contagio sia riconducibile all’attività lavorativa), con la conseguente astensione dal lavoro.
In terzo luogo è stato espressamente previsto che gli oneri degli eventi infortunistici del contagio non incidono sull’oscillazione del tasso medio per ndamento infortunistico, ma sono posti carico della gestione assicurativa nel suo complesso, a tariffa immutata, e quindi non comportano maggiori oneri per le imprese.
In altri termini, la scelta operata con il citato articolo 42 è stata quella dell’esclusione totale di qualsiasi incidenza degli infortuni da COVID-19 in occasione di lavoro sulla misura del premio pagato dal singolo datore di lavoro, ciò in quanto tali eventi sono stati a priori ritenuti frutto di fattori di rischio non direttamente e pienamente
controllabili dal datore di lavoro al pari degli infortuni in itinere.
In tali ultime fattispecie, infatti, l’Istituto riconosce la tutela assicurativa al lavoratore infortunato nel tragitto casa-lavoro e viceversa, ma al datore di lavoro non viene
imputata alcuna conseguenza per l’evento infortunistico.
Viene precisato che il riconoscimento dell’origine professionale del contagio, si fonda, su un giudizio di ragionevole probabilità ed è totalmente avulso da ogni valutazione in ordine alla imputabilità di eventuali comportamenti omissivi in capo al datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio.
La responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n.33.
Il rispetto delle misure di contenimento, dunque è sufficiente a escludere la responsabilità civile del datore di lavoro, anche se non basta per invocare la mancata tutela infortunistica nei casi di contagio da Sars-Cov-2, non essendo possibile pretendere negli ambienti di lavoro il rischio zero.