Nel caso esaminato dalla Ctr, l'Agenzia delle Entrate, a seguito di controllo, rilevava che, sui modelli di pagamento unificati F24, la contribuente aveva utilizzato in compensazione il credito d'imposta derivante dai costi sostenuti per attività di ricerca e sviluppo ma che tale credito risultava inesistente in quanto la contribuente non aveva indicato tali costi nella dichiarazione dei redditi e, di conseguenza, aveva emesso gli atti di recupero crediti in contestazione.
La contribuente sosteneva invece che l'indicazione dei costi nella dichiarazione fosse un obbligo puramente formale, in quanto il credito era esistente e poteva essere utilizzato in compensazione e che comunque le sanzioni non risultavano corrette. L’Agenzia chiedeva la riforma della Sentenza di primo grado (a favore della contribuente).
La Ctr Emilia Romagna, con Sentenza del 28 novembre 2019 n. 2342, nell'ambito dell'irrogazione delle sanzioni tributarie non penali nei confronti del contribuente (che abbia indebitamente utilizzato in compensazione un credito d'imposta), ha messo in rilievo la differenza tra l’ipotesi di credito d’imposta non spettante e quella in cui sia inesistente.
In particolare, sul piano sanzionatorio:
- sull’importo non spettante (individuato con controlli automatizzati) è prevista una pena pari al 30% dell’utilizzo del credito;
- nel caso in cui venga provata l’inesistenza del credito (mancando il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli automatizzati), è invece possibile applicare la pena al 100-200% della misura dei crediti.
La Ctr ha infatti ritenuto corretto il recupero del credito operato dall'Agenzia ed invece errata l’applicazione della sanzione per credito inesistente (cfr. art. 13, comma 5, D.Lgs. n. 471/97).
La differenza tra le due ipotesi sopra descritte risulta fondamentale in termini di conseguenze sul piano delle sanzioni ma anche in relazione alla preclusione di misure agevolative e ai termini di accertamento.