Il Comitato europeo per la protezione dei dati, al fine di garantire la corretta applicazione del Regolamento UE sulla protezione dei dati personali, ha messo a punto, tra le altre, le linee guida 5/2019 sui criteri per l’esercizio del diritto all’oblio in rete e cioè nell’ambito dei motori di ricerca.
Le indicazioni fornite si basano sul Regolamento generale sulla protezione dei dati n. 679 del 2016 (c.d. GDPR) e fanno riferimento in particolare all’art. 17 relativo alla cancellazione dei dati personali dell’interessato (“diritto all’oblio”).
Le attese linee guida sono state adottate il 2 dicembre 2019 ed è stata prevista una fase di consultazione pubblica ormai giunta al termine.
L’intento è quello di:
- indicare in maniera chiara i presupposti per le richieste di deindicizzazione (e cioè le istanze degli interessati possono rivolgere al fornitore di un motore di ricerca online al fine di ottenere la cancellazione ad uno o più collegamenti a pagine web dall'elenco dei risultati visualizzati a seguito di una ricerca effettuata sulla base del proprio nome);
- fornire una corretta interpretazione delle eccezioni applicabili alle richieste stesse;
- chiarire le motivazioni che gli operatori sono tenuti a prestare.
Un aspetto significativo che il Comitato ha spiegato riguarda il significato della procedura di deindicizzazione e cioè che la stessa non porta alla cancellazione del dato dal sito web di origine, né dall'indice e dalla cache del fornitore del motore di ricerca. Utilizzando altri criteri di ricerca, il contenuto potrà comunque essere trovato. Soltanto in determinate ipotesi gli operatori dovranno cancellare i dati in maniera definitiva.
Il documento predisposto costituisce un aggiornamento rispetto alle Linee-guida del 2014 sull’attuazione della sentenza Costeja (pubblicate dal gruppo di lavoro “Articolo 29” (WP29) ed è destinato comunque ad essere integrato con i criteri per la trattazione di reclami concernenti il diniego di deindicizzazione.
Si ricorda che, il diritto alla cancellazione dei dati personali, contenuto nell’art.17 del GDPR, è stato affermato ancora prima nella nota sentenza della Corte di Giustizia Europea n.131 del 13 maggio 2014 . Tale pronuncia è risultata fondamentale in quanto ha stabilito che gli operatori dei motori di ricerca su internet sono tenuti a cancellare dai loro risultati le informazioni “inadeguate, non pertinenti o non più pertinenti” legati al nome di un privato cittadino, nel caso che quest’ultimo lo richieda.
La Corte ha infatti ritenuto meritevole di tutela la pretesa di un soggetto a non vedere comparire tra gli elenchi dei risultati delle ricerche le pagine web che ospitano contenuti che lo riguardano qualora:
- gli arrechino pregiudizio;
- sia trascorso un periodo di tempo dalla pubblicazione della notizia da non giustificare più la permanenza nel pubblico dominio di queste informazioni.
Ciò anche nel caso in cui la pagina Internet indicizzata contenente l'informazione non venga rimossa dal sito "sorgente" e quindi il contenuto in questione possa continuare ad essere consultato in rete ma risulti più difficile da raggiungere per gli utenti.
L’importanza del GDPR e delle linee guida relative allo stesso risulta evidente in quanto disciplinano il diritto all’oblio tenendo conto dei diritti fondamentali all’informazione e alla dignità personale.