La Corte di Cassazione, nella recentissima Ordinanza n. 2407 del 3 febbraio 2020, ha confermato l’orientamento già consolidato nella giurisprudenza di legittimità secondo cui l’Amministrazione può presumere che i movimenti sui c/c intestati a terzi (soci, amministratori o procuratori generali), si riferiscano in realtà all’impresa a ristretta base azionaria.
L’Ufficio non è infatti tenuto a dimostrare che detti movimenti rispecchiano operazioni aziendali e quindi a fornire la prova della natura fittizia dell’intestazione dei conti, al contrario è legittimato a notificare avviso di accertamento alla società, sulla base della presunzione che le operazioni nel conto corrente dei soci si riferiscano in realtà all’impresa.
Tale principio di diritto è risultato decisivo nella vicenda sottoposta all’attenzione della Corte di Cassazione, in cui l’Ufficio, a seguito di indagini bancarie sui c/c dei soci di una S.r.l., notificava avviso di accertamento nei confronti della S.r.l., basandosi sulla presunzione che le operazioni riscontrate fossero riferibili all’impresa.
La Suprema Corte ha confermato la decisione della Commissione Tributaria Regionale che, riformando la decisione del giudice di primo grado, stabiliva la correttezza dell’azione dell’Amministrazione respingendo le motivazioni della contribuente. La Corte ha infatti stabilito che:
- la ristretta base azionaria della società consentiva la riferibilità all’impresa delle operazioni risultanti dai c/c dei soci, come correttamente valutato dalla CTR;
- in ogni caso la contribuente non aveva fornito alcuna prova contraria rispetto a quanto presunto dall’Ufficio;
- non vi era stata alcuna violazione del divieto della doppia presunzione e neppure del principio del contraddittorio.