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FATTURE SBAGLIATE: ATTENZIONE ALLE RITENUTE E ALLA RIVALSA IVA

4 minuti, Redazione , 27/11/2019

Fatture sbagliate: attenzione alle ritenute e alla rivalsa IVA

La ritenuta d'acconto erroneamente non subita, non fa vantare un credito d'imposta. Attenzione anche per la rivalsa IVA. Nuova risposta dell'Agenzia delle Entrate

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Un contribuente ha presentato istanza di interpello in quanto all'inizio del 2019, ritenendo erroneamente di avere i requisiti per beneficiare del regime forfetario ha emesso fatture senza addebitare l'Iva e senza esporre la ritenuta d'acconto. Dopo essersi avveduto dell'errore, ha emesso note di variazione in diminuzione elettroniche a storno delle predette fatture, nonché le nuove fatture elettroniche, in sostituzione delle precedenti, tutte rifiutate. L'istante, nella Risposta all'interpello 499 del 26 novembre 2019 ha chiesto all'Agenzia delle Entrate se può compensare, nella prossima dichiarazione dei redditi, il proprio credito per ritenute d'acconto non versate dal sostituto d'imposta mentre nella Risposta all'interpello 500 del 26 novembre 2019 ha chiesto chiarimenti in merito all'IVA addebitata in rivalsa

Per prima cosa l'Agenzia delle Entrate ha ricordato che in casi analoghi di mancata addebito dell'IVA e di esposizione della ritenuta, l'errore può essere rettificato adottando una delle seguenti modalità:

  1. emettendo e trasmettendo al committente note di variazione in aumento, ad integrazione delle fatture originarie, addebitando a titolo di rivalsa l'Iva da versare all'erario ed esponendo la ritenuta d'acconto;
  2. emettendo e  trasmettendo al committente note di variazione in diminuzione a storno delle fatture originarie ed emettendo nuove fatture, in sostituzione delle precedenti, addebitando a titolo di rivalsa l'Iva da versare all'erario ed esponendo la ritenuta d'acconto.

Nel caso oggetto di interpello, il contribuente ha adottato la soluzione 2) e quindi l'Agenzia chiarisce che "il rifiuto della società non sembra trovare una giustificazione nella normativa tributaria".

In ogni caso, per quanto riguarda la ritenuta d'acconto, l'articolo 64, primo comma, del DPR 600/73 pone l'onere del versamento della ritenuta d'acconto a carico del sostituto d'imposta. In proposito, le sezioni unite della Corte di cassazione, con sentenza n. 10378 del 12 aprile 2019, hanno chiarito che "Nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme, per le quali ha però operato le ritenute d'acconto, il sostituito non è tenuto in solido in sede di riscossione, atteso che la responsabilità solidale prevista dall'art. 35 d.p.r. n. 602 cit. è espressamente condizionata alla circostanza che non siano state effettuate le ritenute".  Pertanto, in presenza di omesso versamento della ritenuta da parte del sostituto d'imposta, la responsabilità solidale del sostituito vada esclusa qualora sia documentato che quest'ultimo l'ha effettivamente subita. Peraltro, anche in assenza della certificazione rilasciata dal sostituto, il sostituito può scomputare dall'imposta sul reddito delle persone fisiche le ritenute subite sui redditi di lavoro autonomo o d'impresa, a condizione che "sia in grado di documentare l'effettivo assoggettamento a ritenuta". Il problema del caso oggetto di interpello è che la società a cui l'istante aveva fatturato erroneamente, non ha operato la ritenuta, posto che ha rifiutato le note di variazione in diminuzione emesse a storno delle fatture originarie, nonché le nuove fatture su cui è stata esposta la ritenuta d'acconto. Conseguentemente, non avendo subito le ritenute a titolo di acconto, l'istante non può vantare alcun credito ai fini dell'imposta sul reddito. 

Con specifico riferimento all'Iva addebitata a titolo di rivalsa, il soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile e versa l'imposta all'erario ha l'obbligo di addebitare la relativa imposta a titolo di rivalsa al proprio cessionario/committente. L'esercizio della rivalsa trova concreta applicazione attraverso l'addebito dell'Iva nella fattura.
In base all'articolo 19, comma 1, del d.P.R. 633/72, l'addebito dell'imposta in fattura, a titolo di rivalsa, consente all'acquirente del bene o al committente del servizio - se soggetto passivo d'imposta - di esercitare la detrazione dell'Iva corrisposta. Si realizza quindi la piena corrispondenza tra la somma dovuta all'erario dal fornitore e quella ammessa in detrazione in capo al soggetto acquirente. Dal compimento dell'operazione imponibile discendono, quindi, tre rapporti che, pur essendo collegati, non interferiscono tra loro, ovvero:

  1. tra l'Amministrazione finanziaria e il cedente/prestatore, relativamente al pagamento dell'imposta;
  2. tra il cedente/prestatore ed il cessionario/committente, in ordine alla rivalsa;
  3. tra l'Amministrazione finanziaria ed il cessionario/committente, per ciò che attiene alla detrazione dell'imposta assolta in via di rivalsa.

Tuttavia, l'effettiva riscossione del credito Iva da parte del cedente/prestatore è ininfluente ai fini del funzionamento del meccanismo dell'imposta. L'obbligo di riversare all'erario l'Iva indicata in fattura sorge, comunque, al momento dell'emissione della fattura indipendentemente dal saldo della medesima, che potrebbe essere effettuato in un momento successivo o addirittura non avvenire affatto. Secondo l'Agenzia delle Entrate "la possibilità di recuperare l'Iva, correttamente versata all'erario dall'istante in seguito ad emissione delle nuove fatture ed addebitata a titolo di rivalsa, ma non versata dal committente, non trova soluzione nel sistema fiscale, salvo che non si proceda con una procedura esecutiva individuale rimasta infruttuosa."

Allegati

Interpello Agenzia delle Entrate del 26.11.2019 n. 499
Risposta interpello 500 del 26.11.2019

Tag: ACCERTAMENTO E CONTROLLI ACCERTAMENTO E CONTROLLI CIRCOLARI - RISOLUZIONI E RISPOSTE A ISTANZE CIRCOLARI - RISOLUZIONI E RISPOSTE A ISTANZE REGIME FORFETTARIO 2024 REGIME FORFETTARIO 2024

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