Con sentenza del 13 novembre 2019, n. 29423, la Corte di Cassazione ha dato torto a un lavoratore che chiedeva fosse dichiarato illegittimo il contratto di lavoro intermittente stipulato con il datore di lavoro in quanto il contratto applicato lo vietava espressamente. Il ricorso si basava sulla nota n. 18194/2016 del Ministero del lavoro, in cui si affermava che la contrattazione collettiva poteva vietare o consentire l'utilizzo di questo contratto.
La Cassazione afferma invece che nella legge vigente (d.lgs. 81 2015 che ha abrogato tutta la normativa precedente: D.L. 112/2008 modificato dalla L. 92/2012 e dal D.L. 76/2013) non si evince l'affidamento esclusivo alle parti sociali della possibilità di ricorso al lavoro intermittente, ma solo la possibilità di elencarne i casi di utilizzo .
Si ricorda che il lavoro intermittente è il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa su chiamata estemporanea nei limiti previsti .per le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento allo svolgimento di prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno; è riservato ai soggetti di età inferiore a 24 anni (le prestazioni si devono comunque concludere entro il compimento del 25° anno), oppure, di età superiore a 55 anni.
Come detto, la normativa, fin dalla sua istituzione demanda alla contrattazione collettiva l’individuazione delle esigenze per le quali era consentita la stipula . ma in caso di assenza di previsioni dei CCNL, fa ancora testo il D.M. 23 ottobre 2004, non piu aggiornato che a sua volta fa riferimento alle attività indicate nella tabella allegata al R.D. 2657/1923, come confermato dall’interpello n. 10/2016. Tale previsione di un potere di intervento con decreto ministeriale, denota secondo la Cassazione in termini inequivoci la volontà del legislatore di garantire l’operatività dell’istituto, a prescindere dal comportamento inerte o contrario delle parti collettive;
Nel ricorso in questione si faceva riferimento alla nota n. 18194 del 4 ottobre 2016 in cui la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, rispondendo alla richiesta di parere della DTL di Trieste e Gorizia, evidenziava la "illeceità dell’utilizzo di questa tipologia contrattuale qualora sia espressamente vietato, dalle parti sociali, nella contrattazione collettiva di categoria, in ragione della mancata individuazione delle ragioni e delle esigenze produttive, così come previsto dall’articolo 13 del Decreto legislativo n. 81/2015".
D'altra parte lo stesso Ministero nell'Interpello n. 10/2016 in risposta ad un quesito di Federalberghi affermava che il ricorso a prestazioni di lavoro intermittente – ferme restando le c.d. ipotesi soggettive di cui all’art. 13, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015 – è disciplinato dalla contrattazione collettiva. In assenza di essa, il Legislatore stabilisce che “i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali”.
Poco chiara quindi ancora una volta la posizione ministeriale che non aggiornando la normativa attuativa costringe la Cassazione a fare riferimento a quanto previsto dal regio decreto del 1923.
Viene anche osservato dagli esperti che la posizione della Cassazione sul divieto per i CCNL di vietare alcune forme di contratto potrebbe essere ampliato con applicazione ad altre modalità di rapporto di lavoro. Si attendono quindi chiarimenti interpretativi univoci e, contemporaneamente il consolidamento di questo orientamento giurisprudenziale.