La sentenza del tribunale di Trapani con la sentenza n. 522 del 2.10.2019 ha affermato che una azienda puo procedere al licenziamento di un lavoratore con contratto a termine se scopre che non ha i titoli richiesti dalla selezione cui ha partecipato e nessun risarcimento è dovuto .
Il caso riguardava una agenzia di somministrazione di lavoro che aveva assunto un lavoratore per un incarico a termine di tre anni come direttore presso una azienda sulla base di una selezione su una piattaforma online che richiedeva un certo titolo di studio. Il lavoratore aveva partecipato inviando una autocertificazione sui requisiti anche se privo del titolo richiesto e l'azienda aveva deliberato l' assunzione ma avendo successivamente scoperto tale mancanza, ha deciso di annullare la delibera e rescindere il rapporto .
Il dipendente chiedeva che fosse dichiarata l'illegittimità del licenziamento e il risarcimento conseguente, pari alle retribuzioni che avrebbe dovuto ottenere fino alla fine del contratto. Affermava infatti che la selezione online non richiedeva i titoli "a pena di esclusione" .
Il singolare giudizio del Tribunale afferma che l'annullamento della delibera costituisce effettivamente licenziamento illegittimo perrche privo di giusta causa e di giustificato motivo ma tale recesso non da diritto al risarcimento in quanto il dipendente nel partecipare alla selezione non poteva attendersi un esito favorevole sapendo di non avere i requisiti
I giudici chiariscono che in un rapporto a termine, l’invalidità del recesso non produce in modo “automatico” la condanna al risarcimento del danno.
Va infatti verificato se per il lavoratore ciò abbia determinato un danno emergente o un lucro cessante. In questo caso, tale conseguenza non è stata riconosciuta per il ricorrente che fin dall'ìnizio sapeva di non avere i requisiti richiesti quindi non poteva aver fatto "affidamento sull'esito favorevole" della selezione.
Il ricorrente non può dunque avanzare alcuna pretesa risarcitoria, in quanto l’intero danno è scaturito dalla sua condotta.
Il tribunale precisa però che il mancato risarcimento non dipende dalla falsa autocertificazione sul possesso dei requisiti, anche se ne evidenzia la violazione del principio di correttezza e buona fede. Quest'ultimo principio sarebbe molto rilevante, anche perche potrebbe trovare spazio in tutti i rapporti di lavoro, se confermato in Cassazione: la presentazione di titoli inesistenti costituirebbe una violazione dei doveri di correttezza e buona fede che renderebbe legittima la scelta di interrompere il rapporto, senza costi per il datore di lavoro, una volta venuta alla luce.