Il Congedo straordinario per assistenza ad un familiare disabile va comunicato al datore di lavoro e non solo all'INPS anche per interrompere la fruizione di un periodo di malattia che puo portare altrimenti al licenziamento per superamento del periodo di comporto.
Questo quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza del 13 settembre 2019, n. 22928. Viene enunciato quindi il principio di diritto per cui "L'istanza del lavoratore di fruire del congedo per assistere un familiare disabile ai sensi dell'art. 42 d.lgs. n. 151/2001 deve essere trasmessa non solo all'I.N.P.S., per le verifiche di competenza e in quanto soggetto che subisce l'onere finanziario del congedo, ma anche al datore di lavoro, per l'adozione delle misure organizzative che la richiesta dovesse rendere necessarie."
Il caso riguardava un lavoratore licenziato per superamento del periodo di comporto , del quale la corte di appello di Roma aveva respinto il ricorso.
la Corte di merito affermava infatti che da tale periodo non si poteva scomputare quello di congedo richiesto, ai sensi del d.lgs. n. 151/2001, al fine di assistere un familiare con grave disabilità, considerato che tale congedo era stato autorizzato dall'INPS ma la domanda non era stata portata a conoscenza del datore di lavoro.
il lavoratore propone ricorso per cassazione denunciando, che per l'istanza di congedo straordinario non c'è una norma di rango primario che prescriva tale obbligo e , come secondo motivo , che la Corte errava nel ritenere la fruizione del congedo fosse incompatibile con lo stato di malattia.
La Suprema Corte nell'ordinanza ricorda invece innanzitutto l'art. 2, comma 4, del DM n. 278/2000 concernente i congedi straordinari, il quale prevede che il datore di lavoro debba esprimersi entro dieci giorni sulla richiesta di congedo presentata dal lavoratore e, nel caso di diniego o concessione parziale, sia tenuto a motivarlo. Cio dimostra per i supremi giudici l' esistenza di un'esigenza di contraddittorio tra le parti.
Inoltre viene evidenziato che la norma prevede che il lavoratore in congedo percepisca un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione, calcolo che solo il datore di lavoro può predisporre.
Rispetto all'altra motivazione del ricorso , legata allo stato di malattia contestuale al congedo, la Cassazione ricorda che in tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, devono essere inclusi nel calcolo del periodo, oltre ai giorni festivi, anche quelli di fatto non lavorati (ad es. per uno sciopero), che cadano durante il periodo di malattia indicato nel certificato medico. Il lavoratore è tenuto a fornire prova dell'interruzione eventuale della malattia, altrimenti si presume una continuità, in quei giorni, dell'episodio morboso addotto dal lavoratore quale causa dell'assenza dal lavoro. La prova che può essere costituita solo dalla dimostrazione dell'avvenuta ripresa dell'attività lavorativa (cfr. Cass. 10 novembre 2004, n. 21385).
Per tali ragioni la Cassazione respinge integralmente il ricorso del lavoratore confermando la legittimità del licenziamento .