La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, nell'ordinanza 17 luglio 2019, n. 19258, ha ricordato che la retribuzione concordata al momento dell’assunzione non è riducibile neppure a seguito di accordo tra il datore e il prestatore di lavoro. Tali accordi risultano nulli in ogni caso in cui il compenso pattuito anche in sede di contratto individuale venga ridotto. Va assicurata però la necessaria proporzione tra l'ammontare della retribuzione e la qualità e quantità del lavoro prestato, per cui , pur restando l'obbligo di mantenere il livello retributivo precedente, alcune voci retributive collegate a specifiche funzioni non sono rivendicabili in caso di demansionamento (es. indennità di cassa)
Il caso riguardava infatti il ricorso di un lavoratore demansionato che chiedeva il ripristino di alcune voci retributive negate a seguito della perdita delle mansioni di capo area vendite che rivestiva in precedenza (incentivi alle vendite e indennità di trasferta )
I giudici affermano in generale che " L'irriducibilità della retribuzione, che si può desumere dal divieto di assegnazione a mansioni inferiori e dalla necessaria proporzione tra l'ammontare della retribuzione e la qualità e quantità del lavoro prestato, è stata intesa nel senso che la voce retributiva connessa ai particolari modi di svolgimento del lavoro, può esser soppressa ove vengano meno quei modi di svolgimento della prestazione, dovendo essere conservata solo in caso contrario (argomenta da Cass. 23.7.2008 n.20310).
Nell'ottica descritta è stato sostenuto che il livello retributivo acquisito dal lavoratore subordinato, per il quale opera la garanzia della irriducibilità della retribuzione, prevista dall'art.2103 c.c., deve essere computato con riferimento ai corrispettivi attinenti alle qualità professionali tipiche della qualifica rivestita (cd. indennità intrinseche), con esclusione dei compensi rapportati a specifici disagi o difficoltà connessi alle prestazioni, i quali non spettano allorché vengano meno le situazioni cui erano collegati (cd. indennità estrinseche, vedi Cass. 6.12.2017 n.29247).
La Corte ha confermato , dunque, l'accoglimento della a domanda risarcitoria connessa alla accertata dequalificazione del lavoratore , ma ha anche ritenuto appropriata la decisione negativa sulla questione retributiva in quanto "gli emolumenti dei quali il ricorrente rivendica il computo - ed integrati dagli incentivi alla vendita e dalle indennità di trasferta - in quanto dipendenti dalle modalità di svolgimento delle precedenti mansioni cessate e dal raggiungimento degli obiettivi di carattere commerciale, non connessi al contenuto delle nuove mansioni svolte dal dipendente non rientrano nel computo delle differenze retributive che legittimamente il
ricorrente avrebbe potuto rivendicare."