I limiti ai subappalti nei lavori pubblici, con qualsiasi percentuale, contrastano con la normativa comunitaria (direttiva 2014/24), dice la Corte UE. Si avvicina il rischio di una procedura di infrazione contro l'Italia.
E' stata pubblicata ieri una sentenza della Corte di Giustizia europea (causa C-63/18) che considera illegittimo il limite ai subappalti a terzi da parte delle ditte vincitrici della gare per lavori pubblici, previsto dal nostro nuovo codice d.lgs 50/2016, piu volte modificato. Questo perche in questo modo si danneggiano le piccole medie imprese che hanno il diritto di poter partecipare ai lavori senza limitazioni.
Il caso riguardava la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Italia) il 1° febbraio 2018 sulla causa Vitali S.p.A. / Autostrade per l’Italia S.p.A. (Causa C-63/18).
Va sottolineato che la motivazione della sentenza non si sofferma sulla percentuale specifica fissata dal codice Appalti al 30% (ma attualmente, fino al 2020 , innalzato al 40% dalla conversione in legge del Decreto Sblocca cantieri).
Le motivazioni addotte dal Governo italiano che fanno riferimento al pericolo di infiltrazioni mafiose nei subappalti a terzi, per la Corte Ue sono poco pertinenti e non giustificano la limitazione alla libera impresa . Si sottolinea che a questo fine va invece verificato il possesso dei requisiti dei subappaltatori. «Il diritto italiano - ricorda la Corte - già prevede numerose attività interdittive espressamente finalizzate ad impedire l’accesso alle gare pubbliche alle imprese sospettate di condizionamento mafioso».
Il presidente dell' Ance, associazone nazionale costruttori edili, Gabriele Buia afferma che il problema era stato segnalato da tempo e che : "a questo punto va preso atto delle conclusioni della Corte cancellando qualsiasi limite"
Gia qualche mese fa Bruxelles aveva inviato all'Italia una lettera che contestava il Codice appalti in molti punti e anticipava la messa in mora dell'Italia su questo argomento.
Riportiamo di seguito uno stralcio della sentenza:
"le amministrazioni aggiudicatrici devono rispettare i principi di aggiudicazione degli appalti di cui all’articolo 18 della direttiva 2014/24, tra i quali figurano, in particolare, i principi di parità di trattamento, di trasparenza e di proporzionalità (sentenza del 20 settembre 2018, Montte, C 546/16, EU:C:2018:752, punto 38).
40 - Orbene, in particolare, come ricordato al punto 30 della presente sentenza, la normativa nazionale di cui al procedimento principale vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell’appalto pubblico in parola, cosicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori. Inoltre, un siffatto divieto generale non lascia alcuno spazio a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore (v., per analogia, sentenza del 5 aprile 2017, Borta, C 298/15, EU:C:2017:266, punti 54 e 55).
41 Ne consegue che, nell’ambito di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, per tutti gli appalti, una parte rilevante dei lavori, delle forniture o dei servizi interessati dev’essere realizzata dall’offerente stesso, sotto pena di vedersi automaticamente escluso dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, anche nel caso in cui l’ente aggiudicatore sia in grado di verificare le identità dei subappaltatori interessati e ove ritenga, in seguito a verifica, che siffatto divieto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell’ambito dell’appalto in questione.
42 Come sottolinea la Commissione, misure meno restrittive sarebbero idonee a raggiungere l’obiettivo perseguito dal legislatore italiano, al pari di quelle previste dall’articolo 71 della direttiva 2014/24 e richiamate al punto 29 della presente sentenza. D’altronde, come indica il giudice del rinvio, il diritto italiano già prevede numerose attività interdittive espressamente finalizzate ad impedire l’accesso alle gare pubbliche alle imprese sospettate di condizionamento mafioso o comunque collegate a interessi riconducibili alle principali organizzazioni criminali operanti nel paese.
43 Pertanto, una restrizione al ricorso del subappalto come quella di cui trattasi nel procedimento principale non può essere ritenuta compatibile con la direttiva 2014/24.